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Questo articolo è stato pubblicato il 09 gennaio 2014 alle ore 19:01.
L'ultima modifica è del 09 gennaio 2014 alle ore 19:47.

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Dosi di cellule staminali minime, adatte ai topi ma non certo per un essere umano. Nessuna prova di differenziazione cellulare, ossia di trasformazione delle staminali iniettate in neuroni. E ancora, nessun rispetto dei criteri di sicurezza nella produzione e nella conservazione delle cellule, e nessun metodo messo in campo per lo screening di patogeni, cioè nessuna prevenzione di possibili infezioni. Sono alcuni dei rilievi, all'indomani dall'inizio dell'indagine conoscitiva del Senato sul metodo Stamina, che gli esperti del comitato scientifico nominato dal ministero della Salute muovono alla Stamina Foundation.

Soprattutto, secondo gli scienziati, il metodo fornito da Davide Vannoni non spiega come si riesca a ottenere dalle cellule staminali mesenchimali i neuroni necessari a ottenere miglioramenti nelle patologie degenerative che Stamina Foundation sostiene di ottenere.

Intanto si è conclusa a Roma una riunione per esaminare le richieste di accesso alle cellule prodotte secondo il metodo Stamina a Brescia, arrivate in questi giorni da quattro scienziati: Camillo Ricordi da Miami, Paolo Bianco della Sapienza di Roma, Michele De Luca dell'università di Modena e Reggio Emilia e Umberto Galderisi della Seconda università di Napoli. Richieste che avrebbero previsto lo spostamento del materiale biologico fuori dagli Spedali Civili di Brescia per eseguire i test.

Un "viaggio" che, al momento, appare difficile vista la diffida inviata dall'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) agli Spedali Civili di Brescia. Diffida che vieta di «procedere al prelevamento e al conseguente trasferimento di campioni cellulari riferibili al cosiddetto metodo Stamina».

Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin che si dice preoccupata dei risvolti giudiziari, aggiunge «credo che il lavoro del Senato sulla questione Stamina sia molto importante. Questa è una vicenda che il Paese si porta appresso da molto tempo, sono ormai 3 anni. Noi abbiamo lavorato con il massimo rigore e la massima serietà, soprattutto nel rispetto delle famiglie».

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