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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2014 alle ore 08:20.

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Viviane Reding ieri ha detto quello che molti in Europa pensano: il Governo britannico sta esagerando con la sua campagna anti-immigrazione e anti-Ue. La vicepresidente della Commissione ha accusato il premier David Cameron di «alimentare miti populisti» sulla presunta invasione della Gran Bretagna da parte di cittadini Ue che mirano solo ad arraffare i sussidi sociali o nella migliore delle ipotesi a rubare il lavoro agli inglesi. Secondo Reding è per distrarre gli inglesi dai veri problemi del Paese.
La verità è che Cameron guarda già alle elezioni del 2015 e sa che fare la voce grossa con la Ue e porre limiti all'immigrazione gli garantisce voti. I sondaggi dimostrano che la maggioranza degli inglesi è favorevole a una stretta sull'immigrazione e, dopo mesi di una martellante campagna che ha rasentato la xenofobia, teme davvero un'invasione dall'Est Europa. Il premier cerca anche di arginare l'ascesa di Ukip, partito anti-Ue e anti-immigrazione che ruba voti ai Tories. L'ex leader laburista Neil Kinnock ha detto ieri che «Ukip suona e Cameron balla».
Inseguire gli estremismi e assecondare i peggiori istinti dell'elettorato non è però una strategia ammirevole. Dati alla mano, la Confindustria britannica e diversi economisti hanno avvertito che i limiti imposti all'immigrazione mettono a rischio la ripresa, dato che il rilancio dell'economia dipende in gran parte dalla manodopera specializzata che arriva dall'estero. Quindi la Reding non ha tutti i torti a dire che Cameron, ideologie a parte, rischia di arrecare un danno al suo Paese. (N.D.I.)

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