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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2014 alle ore 08:27.

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MILANO
Suggestione Maserati per Alfa. Anche sui motori. Almeno nella fascia alta. E, soprattutto, una nuova generazione di motori del biscione.
Le parole «basta con i motori Fiat nell'Alfa» - contenute nell'intervista rilasciata ieri da Sergio Marchionne a Repubblica - sono state come un fiammifero che ha incendiato l'immaginario italiano. Che, se ha sempre avuto un suo elemento nella storica capacità della Fiat di realizzare motori piccoli e di inventare tecnologie per i bassi consumi (il common rail, per esempio), si è nutrito per decenni del mito del motore Alfa, quasi un archetipo della cultura industriale e popolare del nostro Paese. E, subito, fra gli osservatori ha preso corpo una forte curiosità, nata all'incrocio fra il portato emotivo di un marchio ancora così forte e la consapevolezza che la complessa partita italiana, nel nuovo aggregato Fiat-Chrysler, si gioca anche (e soprattutto) sul polo del lusso, formato appunto da Maserati e da Alfa Romeo. La prospettiva potrebbe essere quella di sinergie non solo stilistico-estetiche, commerciali e di branding, ma anche tecno-produttive. «I motori Maserati e Alfa Romeo oggi sono molto diversi – osserva Pierluigi Bellini, associate director della società di consulenza Ihs Global Insight –, ma certo avrebbe un senso strategico una convergenza tecnologica e manifatturiera, almeno per quanto riguarda la parte alta della futura gamma dell'Alfa, per esempio le ammiraglie».
Un'altra prospettiva ventilata dagli osservatori - meno immaginifica e più concreta - è quella di un rafforzamento dell'identità motoristica della autonoma cultura Alfa, all'interno del quadro più complessivo delle attività Fiat-Chrysler. Riflette a questo proposito il tecnologo Dario Scapaticci, dal 1998 al 2000 responsabile dell'innovazione di Fiat Auto: «Fiat Powertrain e il Centro Ricerche Fiat hanno le competenze di lungo periodo per rinsaldare e rinvigorire una tradizione che, almeno da vent'anni, ha visto ibridarsi le qualità tradizionali del marchio Alfa, ossia la velocità e l'agilità, con quelle della Fiat, cioè i bassi consumi e le emissioni contenute». Una sorta di nuova "crescita per linee interne" che, peraltro, potrebbe svilupparsi non soltanto a Torino. Come è capitato – come sta capitando – con il leggerissimo propulsore a quattro cilindri dell'Alfa chiamato 1.750 (nome celebre della tradizione alfista), progettato dalla divisione engineering di Powertrain e costruito tutto in alluminio da quest'anno a Pratola Serra, uno stabilimento in provincia di Avellino. Dunque, la nuova Alfa ha il profilo di motori molto leggeri, per vetture molto leggere, con cambi di nuova generazione.
Di certo, la presenza della Fiat in Italia è un cantiere aperto, dove Marchionne e i suoi collaboratori dovranno dare coerenza a un mosaico in cui una tessera fondamentale è, appunto, l'abbinata Maserati-Alfa. E, in cui, i motori -–non solo per questi marchi – saranno una parte fondamentale dell'equazione economica in cui devono coesistere la Pomigliano della Panda e la Grugliasco della Maserati, il rebus di Mirafiori e lo sviluppo di una realtà fondamentale come la Vm di Cento, l'impresa produttrice di motori di cui la Fiat ha da poco acquisito il 100% rilevandone la metà da General Motors, retaggio della prima operazione americana fatta dall'Avvocato Agnelli e da Paolo Fresco, ma soprattutto pura Emilia Romagna, luogo di elezione – quanto Torino e Arese – per la tecnologia e la bellezza, Ferrari e Maserati, per intenderci.
Proprio la Ferrari produce i motori per la Maserati Quattroporte. Proprio la Vm di Cento prepara i motori per la Maserati Ghibli. Nella Fiat di Marchionne, dunque, gradualmente tutto si tiene. Osserva Francesco Zirpoli, economista dell'università di Cà Foscari a Venezia che sta scrivendo per University of Chicago Press un saggio proprio su Fiat-Chyrsler: «Tutti i segmenti, dalla compact in su, sono riconducibili a piattaforme sviluppate a Detroit. È evidente che Fiat-Chrysler troverà un equilibrio industriale a patto che ottenga molte economie di scala. Ma, allo stesso tempo, dovrà preservare le identità tecnologiche nazionali. E dovrà trasformare in realtà il potenziale Alfa, che resta la vera scommessa. Non solo nei motori».
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