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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2014 alle ore 14:52.
L'ultima modifica è del 12 gennaio 2014 alle ore 15:06.
Il 12 gennaio ricorre il quarto anniversario del terremoto che devastò Haiti causando 220mila morti. E a quattro anni di distanza il bilancio non è molto positivo. Almeno da quanto emerge dalle parole dei cooperanti italiani che lì operano. A oggi, fa sapere Avsi, l'Ong milanese che porta avanti progetti di sviluppo sull'isola da 15 anni, si contano ancora 160mila persone senza casa (e questo nonostante il numero di senzatetto sia diminuito del 90% circa rispetto al picco dell'emergenza), e 600mila che vivono in condizioni di insicurezza alimentare. Un eufemismo, quest'ultimo, visto che, come denuncia sempre l'Ong italiana, si contano ogni anno 50mila nuove infezioni di colera.
I lavori realizzati
A Port-au-Prince, le attività di Avsi sono coordinate da Fiammetta Cappellini, responsabile per la Ong nel paese caraibico. «Da che conosco Haiti, non c'è stata pace – racconta Fiammetta Cappellini –. Ma noi vogliamo e crediamo che la miseria di cui questo Paese è vittima, non potrà durare per sempre. Vediamo ogni giorno che qualche cosa si può fare, che qualche cosa si sta facendo. E il nostro "E' necessario che la comunità internazionale e i donatori non abbandonino Haiti. Questo è il momento di fare un passo ulteriore: dalla ricostruzione fisica delle case e delle infrastrutture alla ‘ricostruzione dell'umano', affinché le popolazioni colpite tornino a condurre una vita dignitosa"primo impegno continuerà a essere quello di stare al fianco di queste persone». In effetti, dal terremoto a oggi Avsi ha avviato 19 nuove opere: sette scuole, due centri educativi, sei centri nutrizionali, tre laboratori artigianali e un ristorante comunitario. Un lavoro reso possibile da uno staff di circa 180 persone.
L'appello a non dimenticare
«È necessario che la comunità internazionale e i donatori non abbandonino Haiti - sottolinea Fiammetta Cappellini -. Questo è il momento di fare un passo ulteriore: dalla ricostruzione fisica delle case e delle infrastrutture alla ricostruzione dell'umano, affinché le popolazioni colpite tornino a condurre una vita dignitosa». Avsi ha portato avanti sull'isola tre atelier artigianali finalizzati a favorire la lavorazione della terra e alla creazione di laboratori.
Il caso del giovane Ebens
Ebens è un giovane artigiano, che i cooperanti di Avsi hanno conosciuto in uno dei campi terremotati, pochi mesi dopo la catastrofe. Il sisma gli ha portato via tutto in pochi secondi:
la casa, il suo piccolo laboratorio e tutti i suoi strumenti di lavoro. L'incontro con la Ong è statto provvidenziale per lui e per altri haitiani, come spiega Fiammetta Cappellini: «Gli abbiamo proposto di far parte del nostro programma Ateliers: un luogo comune dove lavorar,e produrre, ma anche insegnare. Noi gli abbiamo messo a disposizione il luogo e gli strumenti principali. Ebens ci ha messo la sua conoscenza al servizio degli altri, e a distanza di 3 anni è un artigiano conosciuto in tutta la capitale e i suoi lavori sono stati esposti e venduti anche all'estero. Ma è anche un insegnante per tanti giovani della bidonville». Di artigiani così ne sono nati altri e tra qualche settimana diventeranno formalmente una cooperativa, e ormai sono economicamente indipendenti.
Economia debolissima
Il sisma si è abbattuto su un Paese già tra i più poveri al mondo. Con un Pil di 7,8 miliardi di dollari, e una popolazione di meno di 11 milioni di abitanti, dove solo il 49% di chi abita in aree rurali ha accesso all'acqua. E dove l'aspettativa di vita è di 62 anni, contro i 74 dell'America latina. La Banca mondiale definisce basso il livello di crescita, e la crescita del Pil del 3% nel 2012 non cambia di molto la situazione. Tanto che Avsi sottolinea: «Gli indicatori di sviluppo del Paese rimangono bassi, alcuni addirittura in negativo, la popolazione vive per la maggior parte in situazioni di povertà inaccettabile e i diritti, anche i più elementari, non sono garantiti». E a completare il quadro Fiammetta Cappellini ammette che «non si è ancora purtroppo risolta l'epidemia di colera che affligge il Paese da oltre tre anni e che ha fatto migliaia di vittime. Purtroppo mancano i mezzi per contenerla adeguatamente, mancano ospedali e centri sanitari, e non c'è un sufficiente accesso all'acqua potabile. Forse finalmente nel 2014 ci saranno le elezioni politiche, che vengono rimandate da ormai 18 mesi. Questo potrebbe essere allo stesso tempo un momento di tensione, ma anche un punto di svolta verso la normalizzazione».
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