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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2014 alle ore 08:21.
Una strada c'è. La Confindustria prevede una crescita dello 0,7% quest'anno e dell'1,2% nel 2015. Sono cifre che non cambiano il quadro generale e non consentono in alcun modo di incidere né sul tasso di disoccupazione, né sulle condizioni di povertà. La nostra proposta è questa. Stabiliamo un obiettivo di crescita del 2% nel 2014 e del 3% nel 2015. Supponendo che, in assenza di politica economica, gli andamenti siano quelli previsti dalla Confindustria, si tratta di aggiungere 1,3% di crescita nel 2014 e 1,8% nel 2015. A parità di politica monetaria e di tasso di cambio dell'euro, l'onere di una accelerazione della crescita ricade sul deficit pubblico. A sua volta la misura del deficit necessario dipende dai moltiplicatori fiscali. Recentemente i moltiplicatori in Italia sono stati pari a circa 1, ma quelli di alcune poste del bilancio - in particolare gli investimenti pubblici, gli acquisti di beni e servizi, i trasferimenti alle fasce in condizioni di povertà assoluta (come le spese sociali studiate dal sottosegretario Guerra per le famiglie più bisognose) - paiono avere valori pari o superiori a 2. Sarebbe dunque sufficiente uno stanziamento - rispetto alle cifre di finanza pubblica indicate nella Legge di Stabilità - dell'ordine dell'1% del Pil nel 2014 e del 0,6% nel 2015. L'impatto iniziale degli aumenti di spesa parrebbe portare il deficit dal 2,7% al 3,9% nel 2014 e dal 2,4% al 3% nel 2015. Ma già nel 2014 l'allargamento della base imponibile darebbe un maggiore gettito fiscale e risparmi di spesa, per 0,5% del Pil (deficit al 3,3%) e nel 2015 per 0,7% (deficit al 2,3%). Il rapporto debito/Pil nel 2017, grazie all'effetto sul denominatore, cioè sul Pil, sarebbe inferiore di 3,5 punti percentuali rispetto a quello che si avrebbe in assenza di tale manovra; e vi sarebbero quasi mezzo milione di disoccupati di meno. Inoltre questi scostamenti modesti, rispetto al vincolo del 3%, non farebbero scattare alcuna sanzione nei confronti dell'Italia.
Questo è il minimo che le classi dirigenti devono al Paese. Se non lo si vuol fare, si ha il dovere di spiegare il perché.
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