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Questo articolo è stato pubblicato il 14 gennaio 2014 alle ore 06:41.

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Circa 80mila manifestanti sono scesi in strada per bloccare Bangkok, con presidi sulle arterie principali della capitale: è la nuova escalation della campagna lanciata contro il primo ministro Yingluck Shinawatra dal leader dell'opposizione di piazza, Suthep Thaugsuban, ex membro del Partito democratico.
Due mesi di contestazioni hanno già spinto il Governo ad annunciare nuove elezioni per il 2 febbraio. Ma questa concessione della sorella del magnate Thaksin Shinawatra, in esilio a Londra, non è abbastanza per l'opposizione, che non vuole il ritorno alle urne, dove pensa di essere sconfitta, e chiede invece la sospensione delle regole democratiche con la nomina di un Esecutivo di transizione, un comitato di «brave persone», non eletto, ma incaricato di riformare il sistema politico. Anzi, come dice Suthep, di ripulirlo dall'influenza corruttrice della famiglia Shinawatra, accusata di aver «comprato» il Paese.
Dal 2001, quando Thaksin scese in campo per la prima volta, il suo movimento non ha mai perso un'elezione, nemmeno dopo il 2006, quando il tycoon fu rovesciato da un golpe. Nel 2008 fuggì all'estero, per sottrarsi a una condanna per corruzione, lasciando il testimone alla sorella Yingluck, che nel 2011, alla guida del partito Puea Thai, ha conquistato la guida dell'Esecutivo. E che ieri ha offerto a Suthep un incontro per discutere il rinvio delle elezioni. Ma si è scontrata contro il secco no dei suoi avversari, che hanno ribadito la promessa di continuare la loro lotta finché non si sarà dimessa: «Ci sono solo due strade, o vinceremo e cacceremo Yingluck - ha proclamato Suthep - o perderemo e andremo in prigione».
Nel contempo, i contestatori, moltiplicano gli appelli ai funzionari pubblici e ai militari a schierarsi dalla loro parte, invocando in sostanza un nuovo golpe, eventualità che in Thailandia non può mai essere esclusa. Il Paese ne ha già vissuti nove dal 1946. Il capo dell'esercito, Prayuth Chan-Ocha, di recente ha dichiarato che la «porta» del colpo di Stato non è aperta né chiusa, lasciando immaginare che i militari potrebbero intervenire se le contestazioni dovessero precipitare nella violenza. Finora i disordini hanno causato otto morti e centinaia di feriti, anche perché il Governo finora è stato ben attento a non calcare la mano. Nel 2010, i sostenitori di Thaksin inscenarono qualcosa di molto simile, facendo sprofondare Bangkok nel caos. L'esercito intervenne e sul terreno rimasero novanta morti. Proprio Suthep era allora vicepremier e così oggi è accusato di strage, insieme al leader del Partito democratico e premier dell'epoca, per aver autorizzato i militari a sparare sulla folla.
Il blocco della capitale, che per ora sta risparmiando i due aeroporti, potrebbe costare 30 milioni di dollari al giorno, secondo l'Università della Camera di commercio thailandese.
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