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Questo articolo è stato pubblicato il 14 gennaio 2014 alle ore 06:42.

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Gli ultimi giorni hanno visto crescere al London Metal Exchange (Lme) le posizioni aperte a termine, mentre i prezzi dei metalli sono scesi, a indicare secondo l'interpretazione degli analisti una prevalenza di contratti di vendita. A distinguersi dalla generale debolezza del listino sono stati soltanto l'alluminio – il cui prezzo è salito dello 0,1% la settimana scorsa, con una riduzione delle posizioni aperte – e il nickel. Quest'ultimo in particolare, dopo un balzo del 4% venerdì, ieri ha continuato ad apprezzarsi superando 14.200 dollari per tonnellata. A spingerlo in rialzo, l'introduzione in Indonesia di un bando all'esportazione di minerali non lavorati sul posto, che è entrato in vigore domenica con pochi e non ancora del tutto chiari correttivi, che comunque non attenuano gli effetti su nickel e bauxite.
Per i concentrati di rame un decreto approvato nel fine settimana dal presidente Susilo Bambang Yudhoyono sembra introdurre un rinvio, il che dovrebbe agevolare i grandi produttori Freeport McMoRan Copper & Gold e Newmont Mining Corp, che in Indonesia hanno anche raffinerie. Le due società tuttavia ieri erano ancora in attesa di conferme ufficiali. Inoltre, stando alle prime indicazioni fornite dal ministero delle Risorse minerarie, sembra che l'export di concentrati di rame, benché consentito fino al 2017, sarà gravato da tasse via via crescenti.
Per il nickel, di cui Giakarta è il primo fornitore mondiale con una quota del 18-20%, alcuni analisti ora si aspettano una salita delle quotazioni fino a 16-17 mila $, ma bisognerà attendere eventuali ulteriori modifiche al bando e considerare che la Cina ha costituito forti scorte di minerali e che all'Lme le giacenze di metallo raffinato sono a livelli record.
La spinta rialzista sul rame – che a inizio anno era salito a 7.460 $ (base tre mesi), il massimo da giugno – è intanto venuta meno e ieri il metallo ha riaperto in ripiegamento sotto 7.300 $. Il mercato è atteso portarsi in eccedenza per il probabile concretizzarsi della fase, a lungo attesa, di maggior capacità di raffinazione del sovrappiù di produzione mineraria. Ma i segnali sono ancora di tensione sul fronte dell'offerta di rame raffinato. I premi sull'acquisto di catodi restano elevati e le giacenze nei magazzini Lme continuano a ridursi, il che a sua volta inasprisce lo stato di backwardation (ossia il maggior valore della scadenza cash rispetto a quelle a termine).
L'attuale situazione sembra destinata a durare ancora per qualche mese e tutto ora dipende da quanto velocemente l'abbondanza di minerali concentrati verrà lavorata, ovvero da quando il surplus emergerà anche sul mercato del rame raffinato. Tra le previsioni in genere caute degli analisti spicca quella rialzista di Red Kite Group (il cui fondo ha guadagnato il 50% lo scorso anno), secondo cui le prospettive sul rame sono tornate positive, perché sebbene i raffinatori siano sommersi da forniture di minerale la capacità di lavorarli non dovrebbe aumentare prima di almeno sei mesi. Il cofondatore di Red Kite, David Lilley, citando scarsa disponibilità, basse giacenze e alti premi afferma di non aver mai visto una simile tensione sul mercato dal 2005-2006.
Nel complesso, pur in assenza di significativi sviluppi fondamentali, un supporto generale alle quotazioni dei non ferrosi dovrebbe venire dalle attese di un aumento globale della produzione industriale, il cui andamento è strettamente correlato ai consumi di metalli (e di rame in particolare). Le ultime pubblicazioni degli indici Pmi manifatturieri mostrano infatti aumenti o lievi cali per tutti i Paesi e nel complesso sono al di sopra della soglia 50, che segna espansione. L'indice globale JP Morgan è salito da 53,1 a 53,3, il massimo da aprile 2011 e compatibile con una crescita della produzione industriale del 5-6% annuo. Storicamente un aumento superiore al 3% contribuisce a sostenere il prezzo dei metalli.
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