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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2014 alle ore 15:37.
L'ultima modifica è del 15 gennaio 2014 alle ore 16:49.

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Quello che colpisce, nella notizia, è la capacità persuasiva di Vladimir Putin: Rosatom - la corporation attraverso cui lo Stato russo gestisce il nucleare - ha ottenuto dal governo ungherese l'incarico di espandere il solo impianto nucleare del Paese, la centrale Paksi Atomeromu a sud di Budapest. Nelle intenzioni del governo, in origine, era prevista una gara che avrebbe potuto interessare la francese Areva, la sudcoreana Kepco e Westinghouse Electric, unità di Toshiba. E invece, all'improvviso, martedì il premier conservatore ungherese Viktor Orban è andato a trovare Putin nella sua residenza di Novo-Ogariovo, fuori Mosca.

Insieme hanno presenziato alla sigla di un accordo intergovernativo, documento firmato dal responsabile di Rosatom, Serghej Kirijenko e, per l'Ungheria, dal ministro per lo Sviluppo Zsuzsanna Nemeth. Un'inversione di rotta notevole, commentano gli osservatori ricordando l'antica ostilità di Orban nei confronti di Mosca e gli attacchi al passato governo socialista di Ferenc Gyurcsany, accusato di rimettere il Paese sotto il dominio economico russo, se non più militare, per il coinvolgimento nel gasdotto South Stream. Un impegno che - dopo aver incontrato Putin - Orban ha riconfermato.

Ma non ci si dovrebbe forse stupire, date le condizioni dell'accordo. Per l'Ungheria, come ha chiarito a Budapest il capo dell'ufficio del premier, Janos Lazar,Rosatom costruirà due reattori da 1.200 megawatt, per un costo tra i 10 e i 12 miliardi di euro. Costo coperto per l'80% proprio dalla Russia, con un prestito trentennale . Lazar non è entrato nei dettagli per chiarire i termini dell'accordo: ha soltanto sottolineato che l'Ungheria da Mosca ha ottenuto un trattamento più favorevole di quello che avrebbe ricevuto finanziandosi sui mercati.

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