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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2014 alle ore 06:43.

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Prima ancora che il Brasile, è la governance il nodo che dovrà essere affrontato nell'immediato dal board di Telecom. Si comincia domani con la mozione che sarà portata in cda dagli indipendenti, e che gode anche dell'appoggio dell'ad Marco Patuano, per prevedere la procedura riservata alle operazioni con parti correlate di maggior rilevanza a fronte di qualsiasi offerta possa arrivare per Tim Brasil, mozione che si avvale del parere stilato da Luca Enriques, ordinario Luiss ed ex-commissario Consob. Ma domani si comincerà anche ad affrontare il tema più ampio della governance, non più rinviabile dopo l'assemblea del 20 dicembre dove il mercato ha puntato il dito contro i potenziali conflitti d'interesse della compagine Telco dominata da Telefonica.
Patuano, a quanto risulta, al rientro dalle festività ha consultato subito legali esperti per mettere a fuoco la questione. I piccoli soci Asati e la Findim di Marco Fossati chiedono una svolta nella direzione di una public company, con un board che rispetti nella proporzione l'azionariato. Telco, che ha il 22,4%, è più prudente. Pur avendo manifestato disponibilità ad aumentare il numero degli indipendenti, ritirando comunque il top manager del proprio azionariato dalle candidature per il nuovo board, Telco nutre la preoccupazione che l'esito non sia l'ingestibilità. Una formula che potrebbe essere proposta dal vice-presidente "vicario" Aldo Minucci prevederebbe l'elezione proporzionale corretta con un premio di maggioranza. Se, per esempio, si decidesse di mantenere a 15 il numero di consiglieri (ma il numero potrebbe anche essere ridotto), alla lista più votata potrebbero andare dieci posti in consiglio, alla seconda tre e alla terza due. Nella riunione preparatoria degli indipendenti, che si tiene oggi, si dovrebbe discutere anche di questo tema, ma è probabile che la proposta finale arriverà sul tavolo del cda del 6 febbraio. Le attuali regole che assegnano i quattro quinti dei posti alla lista di maggioranza dovrebbero comunque essere archiviate.
Intanto domani si alzeranno i paletti procedurali a tutela della preservazione del valore di Tim Brasil. Lo studio presentato da Findim, al di là delle cifre, mira evidentemente a tenere alta la guardia perchè si eviti il ripetersi di un altro caso Telecom Argentina, ceduta senza premio. A fronte delle perplessità degli analisti di Borsa sulle stime di valore, l'iniziativa di Fossati ha incassato anche qualche endorsement "politico". Il vice-ministro Antonio Catricalà ha auspicato che Tim Brasil non sia ceduta, perchè Telecom «è un bene da tutelare, non si può accettare che diventi una bad company». Giulio Sapelli, ordinario di storia economica alla Statale di Milano, oltre a condividere le stime di Fossati, sostiene che il gruppo debba smetterla con la politica delle dismissioni per varare invece un aumento di capitale serio e trasformarsi in una vera public company. Da parte sua Tarak Ben Ammar, consigliere Telecom e Mediobanca, ha detto di non credere che Telecom diventerà spagnola, schierandosi nel contempo contro lo scorporo della rete che è essenziale per il valore del gruppo.
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