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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2014 alle ore 11:21.
L'ultima modifica è del 15 gennaio 2014 alle ore 18:43.

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La vicenda dei due marò italiani detenuti in India provoca delle crepe anche nei vertici dello Stato asiatico. Il ministero dell'Interno indiano starebbe esaminando l'ipotesi di abbandonare per la presentazione dei capi d'accusa contro i marò l'uso della legge per la repressione della pirateria che prevede automaticamente la pena di morte. Lo scrive l'agenzia Pti. Se confermato, si escluderebbe dal processo la polizia antiterrorismo Nia.

Oggi inoltre il ministro degli esteri indiano Salman Khurshid ha dichiarato che «i due marò italiani possono avere ecceduto nelle loro funzioni, ma non sono terroristi».
In una intervista a Ndtv, Khurshid non ha esitato ad incolpare del "disastro" provocato dall'uso della polizia Nia e della legge per la repressione della pirateria, che prevede la pena di morte, l'ex sottosegretario agli Interni indiano, R.K.Shinde. Il ministro Khurshid aveva a suo tempo inviato, a nome del governo indiano, una lettera al governo italiano assicurando che l'incidente che ha coinvolto Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non è fra «i casi rarissimi» a cui in India può applicarsi la pena di morte.

«Quando (l'Italia) mi dice che sono passati due anni e che ancora non ci sono i capi d'accusa - ha detto Khurshid - mi sento imbarazzato. Ma è la complessità del nostro sistema che fa sì che non possiamo ottenere un processo veloce». Nell'intervista odierna, dopo essersi lamentato della cattiva gestione della vicenda, ha osservato anche che «avremmo potuto semplicemente processarli e dire agli italiani che i loro marò erano, o no, colpevoli».

Nel frattempo, si è appreso che la Corte Suprema indiana esaminerà lunedì il ricorso italiano sul caso. Nel ricorso l'Italia sostiene che tutte le indicazioni date dal massimo tribunale indiano sulle indagini ed il processo sono state disattese e che inoltre la polizia Nia intenderebbe incriminare i due con la legge antiterrorismo (SUA Act) già respinta dai tribunali del Kerala.

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