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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2014 alle ore 06:42.

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Il legame si stringe: se oggi la Russia già fornisce l'80% del gas di cui l'Ungheria ha bisogno, è a Mosca che Budapest torna a guardare, pur diversificando, per continuare a garantirsi energia a basso prezzo. Una decisione a prima vista sorprendente: il governo conservatore di Viktor Orban ha affidato alla russa Rosatom - l'ente di Stato che gestisce l'energia nucleare - l'incarico di modernizzare l'unica centrale di Ungheria, Paksi Atomeromu, a Sud di Budapest. Quattro reattori di epoca sovietica - capacità complessiva 2.000 MW - verranno affiancati nel giro di dieci anni da due nuovi reattori che consentiranno di raddoppiare l'energia prodotta.
L'Unione europea sospende il giudizio, in attesa di una valutazione dell'accordo: ma non vedrà di buon occhio il fatto che Orban abbia ignorato le regole comunitarie e aperto le braccia ai russi abbandonando l'idea iniziale, una gara che avrebbe potuto aprire la competizione ai francesi di Areva, ai sudcoreani di Kepco, agli americani di Westinghouse. Da parte sua, l'opposizione ungherese parte all'attacco di Orban, che da giovane invocava il ritiro delle truppe sovietiche dall'Ungheria e che, a sua volta, aveva definito «colpo di Stato» il sostegno dato dai precedenti governi socialisti a South Stream, il gasdotto con cui Vladimir Putin vuole abbracciare più forte l'Europa. La diffidenza verso Mosca si è sciolta al sole: «Orban ci vende ai russi», accusa Bernadett Szel, deputato dei verdi, e ora è Attila Mesterhazy, l'attuale leader socialista, a parlare di golpe. Anche se Janos Lazar, responsabile dell'ufficio del premier, ha chiarito che all'accordo servirà il via libera del Parlamento.
Un accordo intergovernativo firmato martedì alla presenza di Putin e Orban nella residenza di Novo-Ogariovo, fuori Mosca. Un pacchetto completo, che dice molto sulle ragioni della scelta di Orban. Mosca infatti garantirà anche il finanziamento dell'operazione, offrendo un prestito che dovrebbe coprire l'80% dei costi di costruzione dei due reattori, stimati tra i 10 e i 12 miliardi di euro. Un prestito trentennale, spiega Lazar, a tassi inferiori a quelli di mercato.
Se Rosatom è sempre più attiva nella costruzione di impianti nucleari nel mondo, dal Bangladesh all'Iran, il modello "offerta completa" entra per la prima volta nella Ue. «Dal punto di vista tecnologico - spiega da Mosca Emmanuel Gout, consulente di Rosatom - la scelta delle autorità ungheresi è in buona parte legata al fatto che le tecnologie fornite dai russi sono nuove, ma appartengono alla stessa famiglia dei reattori della centrale di Paksi. E questo permette il coinvolgimento dei tecnici che già li conoscono, ha ricadute importanti sull'industria e sugli investimenti locali». Per il governo di Orban - che si ripresenta alle urne il prossimo mese di maggio - questo è cruciale. L'espansione della centrale, calcola Lazar, potrebbe aggiungere un punto percentuale alla crescita ungherese, a creare fino a 10mila nuovi posti di lavoro. «È il miglior accordo concluso dall'Ungheria in dieci anni», sintetizza il capo di gabinetto di Orban, confermando che sarebbe stato rischioso affidare a un altro Paese e a tecnologie diverse il contratto per l'ampliamento di Paksi, costruita dai russi. Al momento Rosatom è anche impegnata in una gara per la costruzione di due reattori nucleari nella Repubblica Ceca, e ha avviato negoziati in Finlandia. La campagna europea di Putin è solo all'inizio.
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