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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2014 alle ore 06:42.

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La direzione è quella della maggiore trasparenza. Della maggiore tracciabilità degli scambi anche sui derivati e sui titoli obbligazionari. La direttiva Mifid2, dunque, sembra muovere i passi giusti per combattere le cause della grande crisi. Il diavolo, però, sta nei dettagli: ancora l'Europa deve definire a quali derivati e a quali titoli obbligazionari sarà richiesta la maggiore trasparenza. Ancora deve definire i confini del nuovo regime. Insomma: bisogna ancora capire se il legislatore europeo intenda veramente e in maniera efficace limitare l'uso speculativo di questi strumenti che Warrenn Buffett definì «armi di distruzione di massa». E, ascoltando le parole del commissario Barnier («Mi spiace che l'ambizioso regime di trasparenza per gli strumenti non azionari proposto dalla Commissione non sia stato raggiunto»), qualche dubbio emerge.
Andiamo con ordine. La maggiore trasparenza sui derivati era stata decisa nel 2009 durante il G20 di Pittsburgh, dato che l'opacità di questo mercato (che nel mondo vale 692mila miliardi di dollari) era stata additata come con-causa della grande crisi. Fino ad oggi quello dei derivati è sempre stato un mondo opaco, senza alcuna informazione sui reali scambi. Insomma: terreno fertile per la speculazione. Così, su spinta del G20, lentamente sono partite varie iniziative legislative nel mondo per raggiungere questo agognato risultato: minore opacità. In America ci ha provato la legge Dodd-Frank. In Europa le direttive Mifid2 e Emir. «Si cerca di introdurre maggiore trasparenza – osserva Gianluigi Gugliotta di Assosim – con nuovi obblighi informativi, con la quotazione dei derivati standardizzati e con l'utilizzo per alcuni di essi delle casse di compensazione»
Nella Mifid2, su cui ieri c'è stato l'accordo a livello politico, è infatti previsto l'obbligo di concentrazione degli scambi per alcuni derivati. Questo significa che non potranno più essere comprati e venduti al telefono (over the counter) dai trader, ma dovranno viaggiare su listini regolati. Si tratta senza dubbio di un grande passo in avanti. I problemi, però, sono due. Innanzitutto l'Europa non ha ancora deciso quali derivati saranno sottoposti a questo obbligo. Si sa che dovranno avere tre caratteristiche: devono essere liquidi, standardizzati e inseribili nelle Casse di compensazione e garanzia. Ma nulla di più. Inoltre i derivati che rientreranno in questi nuovi obblighi non saranno quotati su vere e proprie Borse, ma su listini di nuova costituzione: gli Otf (Organized Trading Facility). Che hanno un regime meno rigoroso rispetto alle Borse tradizionali. «Il problema – osserva Anna Kunkl, associate partner di Be Consulting – è che ancora non si sa a quali prodotti si riferisce la nuova normativa e quando entrerà in vigore».
Insomma: per ora ci sono tante belle speranze ma poca concretezza. Anche perché già ora il mercato si sta orientando verso la quotazione su listini di alcuni derivati standardizzati. È interesse degli operatori avere mercati, su alcuni prodotti derivati, con scambi più veloci e automatizzati. La normativa, insomma, non sembra forzare la mano, ma assecondare un cambiamento già in atto. Per essere veramente efficace, per portare veramente una salutare trasparenza, serve più coraggio. Vedremo le prossime mosse.
m.longo@ilsole24ore.com
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