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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2014 alle ore 06:45.

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Le simulazioni elettorali non sono aria fritta, come ha scritto Angelo Panebianco sul «Corriere della sera» di qualche giorno fa. Chi sostiene questa tesi fa l'errore di confondere le simulazioni con le previsioni.


Le simulazioni elettorali non sono previsioni. Sono esercizi che servono a capire il funzionamento di determinate caratteristiche di un sistema elettorale. Assomigliano a test di laboratorio in cui si studiano relazioni tra i diversi fattori coinvolti in un dato fenomeno assumendone come costanti alcuni e facendone variare altri. È quello che il Cise ha fatto per studiare il possibile funzionamento di uno dei modelli elettorali proposti da Renzi, quello che nel gergo corrente viene chiamato il "modello spagnolo".
Questo sistema elettorale, nella sua versione originale usata in Spagna, si caratterizza per il fatto che l'assegnazione dei seggi ai partiti viene fatta in modo proporzionale ma – e questo è il punto decisivo – in circoscrizioni in cui i seggi da distribuire sono pochi. Queste circoscrizioni mediamente piccole producono un effetto maggioritario molto forte che col tempo ha portato la Spagna ad essere un sistema quasi bipartitico. Cosa potrebbe succedere applicando un sistema simile da noi? La risposta è netta: verrebbero molto penalizzati tutti i partiti piccoli e medi senza un elettorato concentrato geograficamente. Tra questi anche il Nuovo centrodestra di Alfano. Perciò questo modello, che incontra il favore di Forza Italia, potrebbe forse essere approvato ma probabilmente senza il partito di Alfano.
Ma guardiamo i dati. La tabella 1 fa vedere come funzionerebbe questo sistema con l'85% dei seggi assegnati in 109 circoscrizioni, corrispondenti alle attuali province, e un premio di governabilità di 93 seggi da assegnare al partito che ottiene più voti. I dati sono quelli delle 60mila sezioni elettorali in cui si è votato a febbraio 2013. In prima battuta abbiamo calcolato il risultato sulla base della distribuzione dei voti a febbraio, poi sulla base della media dei sondaggi di dicembre e, nell'ultima riga, sulla base di una ipotetica distribuzione. Con i dati di febbraio il primo partito alla Camera sarebbe stato il Movimento 5 Stelle ma il premio non sarebbe bastato a dargli la maggioranza assoluta dei seggi. Lo spagnolo può non essere majority assuring. Cambiando la base di dati si vede che con quelli di sondaggio, il Pd sarebbe arrivato alla maggioranza assoluta ma per poco (319 seggi). Solo con la terza distribuzione di dati, quella ipotetica, in cui il Pd è al 35%, Fi al 23% e il M5S al 18%, lo spagnolo col premio produrrebbe una maggioranza di 335 seggi. Con queste circoscrizioni Scelta civica con il suo 8,3% a febbraio avrebbe ottenuto 20 seggi, mentre il partito di Alfano con le altre due serie di dati ne avrebbe presi 10 e 6.
Cambiano i risultati se da una competizione basata su liste singole si passa a una competizione basata su una lista unitaria di coalizione? La risposta è nella tabella 2. A febbraio sarebbe cambiato il vincitore: con la coalizione di Bersani al posto del M5S. Ma non sarebbe cambiato l'esito: Bersani avrebbe ottenuto solo 271 seggi con il suo 29,5% dei voti. Con i dati di sondaggio invece vincerebbe Forza Italia ma di nuovo senza maggioranza assoluta (292). Solo nell'ultimo caso, con il centro-sinistra al 39,6% dei voti, si determinerebbe una maggioranza assoluta, ma risicata (317). In questa simulazione la sopravvivenza del Ncd e delle altre formazioni minori sta nei posti che riuscirebbero a ottenere dentro la lista unitaria dello schieramento. Detto più chiaramente: sarebbero alla mercè dei partiti maggiori.
Cosa suggeriscono queste simulazioni? Lo spagnolo con premio è un sistema che favorisce i grandi partiti e perciò porterebbe nel tempo a una notevole semplificazione del sistema partitico. Ma con un premio di governabilità al 15% non darebbe certezze sul raggiungimento della maggioranza assoluta da parte del partito elettoralmente più forte. Se questa è la strada che Pd e Fi vorranno battere dovranno prevedere un premio superiore al 15% per ridurre il rischio di un esito non decisivo. A sua volta questa esigenza rafforza la necessità di introdurre una soglia per assegnare il premio a chi avrà più voti o più seggi.
Per Ncd e le altre formazioni minori lo spagnolo con premio è un sistema che ne limita fortemente la visibilità e l'autonomia. Solo allargando notevolmente la dimensione delle circoscrizioni, cioè il numero dei seggi da assegnare in ciascuna, cambierebbero le loro convenienze. Usando le province, come abbiamo fatto qui, il numero di circoscrizioni con pochi seggi (da 1 a 5) sarebbe 84, mentre quelle – con più di dieci seggi – in cui i partiti piccoli avrebbero chance di ottenere un seggio sono poche. Ma l'allargamento della dimensione delle circoscrizioni è una concessione che Pd e Fi non sembrano disposti a fare.
Ci sono ancora molte questioni delicate non ancora risolte. Ma alla fine la domanda cruciale è questa: cosa farà il partito di Alfano davanti ad un accordo tra Pd e Fi su un sistema come questo? E quale potrebbe essere l'esito di una eventuale crisi di governo?
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