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Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2014 alle ore 21:12.

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A 13 anni dal clamoroso default da 95 miliardi di dollari, che mise in ginocchio il Paese lasciando migliaia di risparmiatori con un pugno di mosche in mano, l'Argentina potrebbe chiudere questa settimana un accordo con i creditori del cosiddetto club di Parigi. L'organizzazione, fondata nel 1956, riunisce tutti i soggetti pubblici creditori di Buenos Aires il cui debito, sommando interessi e sanzioni, si attesta a circa 10 miliardi di dollari.

Ieri il ministro dell'economia argentino Axel Kicillof ha parlato con il presidente del club, il ministro delle finanze francese Ramon Fernandez, comunicandogli la proposta di ristrutturazione del debito che sarà ufficialmente discussa domani dai membri del club.
Secondo il quotidiano argentino Ambito financiero Buenos Aires avrebbe chiesto di farsi abbuonare circa 4 miliardi di interessi e sanzioni in modo da chiudere il tutto con un esborso di circa 6 miliardi di dollari.

Si avvia alla conclusione quindi una delle tre controversie legali tra l'Argentina e i creditori che non hanno accettato gli accordi di ristrutturazione proposti tra il 2005 e il 2010. Circa il 92% dei titolari di Tango bond ha accettato di farsi rimborsare una cifra pari al 30% del valore nominale del titolo. Oltre a quella con i creditori sovrani del club di Parigi l'Argentina ha altre due controversie in atto con creditori privati: una con un gruppo di fondi hedge americani, l'altra, che riguarda da vicino i risparmiatori italiani scottati con i tango bond, presso l'Icsid, il centro internazionale per il regolamento delle controversie relative agli investimenti.

Nel 2007 infatti un pool di banche riunite nella cosiddetta Task Force Argentina (Tfa) ha promosso un lodo arbitrale internazionale presso l'Icsid che dovrebbe arrivare a conclusione quest'anno con l'ultima udienza (fissata a giugno) e la sentenza che presumibilmente arriverà entro fine anno. Un pronunciamento atteso con ansia dai circa 53mila risparmiatori italiani titolari di 1,3 miliardi di dollari di tango bond che non hanno aderito alle passate ristrutturazioni e non hanno fatto causa alle banche intermediarie. Un appuntamento a cui la Task Force Argentina, che chiede a Buoenos Aires un rimborso di 2,2 miliardi di dollari (pari al valore dei titoli più gli interessi) si prepara con moderato ottimismo anche grazie ai diversi pronunciamenti in favore dei creditori che si sono avuti oltreoceano nelle cause tra i fondi hedge americani e il Governo argentino.

Il presidente della Tfa Nicola Stock - intervistato dall'agenzia Ansa - pur evitando di fare pronostici è convinto che «sarà difficile perdere». D'altronde per l'Argentina è vitale riattivare il canale del mercato dei capitali che si è chiuso da oltre 10 anni. Per la terza economia dell'America Latina il 2013 è stato terribile. Il peso (moneta nazionale) si è svalutato per la fuga di capitali mentre l'inflazione è tornata a salire. Sul dato dei prezzi peraltro Buenos Aires ha subito l'onta della minaccia di espulsione dal Fondo Monetario internazionale che ha accusato il Paese di diffondere dati falsati sullo stato dell'economia.

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