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Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2014 alle ore 06:41.

Torna lo spettro del dissesto finanziario su Napoli, a meno di dieci anni dall'uscita effettiva del default record che ha già caratterizzato la storia del Comune. A dare una spinta in questa direzione al capoluogo campano è la sezione regionale della Corte dei conti, che ha bocciato il piano di riequilibrio varato dal Comune a inizio 2013 per riportare i conti in equilibrio entro 10 anni e utilizzare le anticipazioni statali messe a disposizione dal decreto "salva-enti" del Governo Monti (Dl 174/2012). La decisione della magistratura contabile campana arriva all'indomani di una pronuncia analoga della Corte Calabria, che ha negato il via libera al piano di rientro varato dalla gestione commissariale che governa Reggio Calabria. I due "no" quasi contemporanei colpiscono quindi i due maggiori Comuni fra quelli in attesa del'esame della Corte sui piani di rientro, dopo che la sezione siciliana ha invece approvato il progetto di Catania. Sotto esame rimangono ancora Benevento, Cosenza, Foggia e Messina, mentre Rieti e Frosinone hanno ottenuto l'ok.
Dall'arrivo della pronuncia, le due città avranno 30 giorni di tempo per mettere nero su bianco la propria difesa del piano e portare i propri argomenti alle sezioni Riunite della Corte dei conti: se non riusciranno a convincere della sostenibilità del piano nemmeno i magistrati di appello, sarà dissesto.
Naturalmente il problema più pesante si apre a Napoli, dove il dissesto travolgerebbe la Giunta guidata da Luigi De Magistris e il consiglio comunale e scriverebbe subito la parola fine a un tentativo di maxi-manovra da oltre 3 miliardi di euro. Le ragioni che hanno spinto la Corte a negare il via libera, come accennato, saranno diffuse nei prossimi giorni, ma sono molti i possibili punti critici della maxi-manovra ipotizzata da Napoli.
Su tutti, spicca il piano di dismissioni immobiliari da 800 milioni di euro, che dovrebbe imprimere un drastico cambio di passo rispetto ai tassi di realizzazione di progetti sullo stesso tema varati negli anni scorsi. A sostenere le entrate chiamate a riportare in equilibrio i conti napoletani ci dovrebbe poi essere un'accelerazione altrettanto consistente sulla capacità di riscossione dei tributi, un altro problema storico della macchina amministrativa del capoluogo campano: il piano di riequilibrio, però, poggia anche su importanti aumenti di aliquote dell'addizionale Irpef e dell'Imu (con le conseguenti incognite legate al debutto della Tasi), e se la riscossione zoppica anche gli incrementi di gettito rischiano di rimanere confinati alla teoria. Con l'avvio del piano di riequilibrio ora stoppato dalla Corte, inoltre, Napoli si era già vista assegnare dallo Stato un'anticipazione di liquidità da circa 160 milioni, che dovrebbe essere restituita ma al momento i rimborsi non sono partiti: se la bocciatura del piano sarà definitiva, cadrà anche la "base" giuridica su cui lo Stato ha staccato l'assegno.
Ingredienti simili, anche se ovviamente in proporzioni più contenute, contraddistinguono il piano di riequilibrio di Reggio Calabria, che già nella fase di preparazione aveva dovuto affrontare più di un'incertezza sulla fattibilità concreta di parte dei progetti di dismissione immobiliare.
Al di là del merito, comunque, le due pronunce negative della Corte aprono un problema strutturale nel meccanismo dell'anti-dissesto, varato nell'autunno del 2012 dal Governo Monti per evitare il rischio di fallimenti a catena di importanti città e i conseguenti contraccolpi sui rating della finanza pubblica italiana. Con i due "no" della Corte dei conti, arrivati dopo mesi di incertezza alle due principali città imbarcate dal decreto anti-dissesto, tutto rischia di tornare alla casella di partenza.
Napoli ha però incassato l'ordinanza 214 del 17 gennaio 2014 del Tar Lazio (si veda a pagina 20), che ha rimesso in discussione il Dm del 27 settembre 2013, rinviando al 16 ottobre una decisione in merito che però si profila tutta a favore del Comune: la stima dei rimborsi per i mancati incassi Imu da abitazione principale dovrà essere basata sulle stime 2013 e non su quelle del 2012.
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