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Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2014 alle ore 11:53.

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Forse non è una pura coincidenza che lo Ior abbia deciso di comunicare all'esterno lo stato di avanzamento del processo sulla trasparenza all'indomani della deflagrazione di una nuova puntata del caso di mons. Scarano, vicenda giudiziaria che ha determinato il cambio improvviso della direzione della banca vaticana nel luglio dello scorso anno. Ma non solo. Dalle oltre cento pagine dell'ordinanza di custodia cautelare emerge uno spaccato di comportamenti "finanziari" che gettando quantomeno qualche dubbio sui progressi rivendicati dal Torrione Niccolò V.

Certo, molte vicende si riferiscono alla gestione precedente, ed è solo da luglio 2013 che c'è stato un formale cambio di passo su molte procedure, oltre che di legislazione, ma è anche chiaro che serve un intervento profondo per cambiare alcune pratiche diffuse. Papa Francesco ha assicurato che interverrà, e la commissione di inchiesta istituita proprio per far luce sulla banca pontificia a breve deve consegnare al G-8 cardinalizio le proprie osservazioni e proposte di riforma, che dovranno saldarsi con quelle dell'altra commissione, che per ora ha assunto una folta schiera di consulenti tra i più conosciuti al mondo.

Nella nota diffusa oggi dallo Ior si assicura la volontà di voler riaprire i rapporti con le banche italiane: infatti dopo il caso del 2010 – accusa di riciclaggio per gli allora vertici del Torrione e sequestro di 23 milioni, poi dissequestrati – le banche italiane (ma non solo, basti ricordate il caso Jp Morgan) avevano interrotto tutti i rapporti per l'assenza dei requisiti minimi di trasparenza richiesti da Bankitalia, linea tenuta anche nella vicenda di un anno fa dei bancomat dentro le mura. E infatti lo Ior aveva portato gran parte dei propri depositi e investimenti – circa 7 miliardi – su banche estere nella piazza di Londra.

Ora a livello internazionale il clima attorno alle finanze pontificie sembra si sta gradualmente rasserenando, e anche a Strasburgo – in sede Moneyval – si riconoscono alcuni progressi, ma nei rapporti con l'Italia del lavoro sul fronte della "compliance" deve essere ancora fatto, per evitare che lo Ior funga nuovamente da piazza offshore per operazioni illecite, come accaduto molte volte, anche di recente, come dimostra il caso Scarano. Insomma, sembra che a questo punto si attenda il quadro della riforma di Papa Francesco, che a breve prenderà forma. Prima di allora i rapporti con le banche italiane sembra proprio siano destinati a rimanere chiusi.

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