Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 24 gennaio 2014 alle ore 11:22.

My24

Per ritrovare qualcosa di simile occorre tornare all'omicidio di Anwar Sadat nel 1981 o agli attacchi ai turisti un decennio successivo. Erano gli anni della guerra santa egiziana, allora organizzata da Ayman al Zawahiri, il braccio destro di bin Laden. E questi di oggi, probabilmente, sono ancora i tempi di un nuovo tentativo di orchestrare e mettere in pratica una jihad.

Un attentatore suicida, seguito da una squadra di terroristi addestrati alla guerriglia nel centro del Cairo, contro un obiettivo "militare" come il quartier generale di polizia. La scena ricorda Kabul, Bagdad, Bengasi, le città siriane. Diversamente da questi luoghi, tuttavia, l'Egitto ha poche divisioni settarie e nessuna tribale; non ha regioni secessioniste ma, al contrario, un potere centrale che esiste da alcune migliaia di anni. Il terrorismo islamico, dunque, non ha la forza di scardinare lo Stato egiziano ma certamente quella di creare un lungo periodo d'insicurezza.

Esiste tuttavia una spiegazione politica nel riapparire della jihad con episodi sempre più frequenti e sempre più gravi: la repressione contro i Fratelli musulmani. Il colpo di stato militare dell'estate, i morti, gli arresti, la messa al bando hanno tolto al movimento islamico qualsiasi spazio politico. Un paio di giorni fa Amnesty International ha denunciato le violenze "senza precedenti" della polizia e delle autorità egiziane. Nonostante la repressione, la fratellanza continua ad avere un consenso capillare nelle città e nelle campagne.

Privata di ogni sbocco politico e legale, è fatale che la base del movimento produca delle frange estreme pronte a fare uso della violenza. Già da tempo la penisola del Sinai è il campo di prova di questo nuovo terrorismo. Repressione- reazione violenta-leggi illiberali-terrorismo: è un processo quasi fatale nelle condizioni in cui si trova oggi l'Egitto. I militari assumeranno poteri sempre più grandi, rendendo impalpabile la linea di demarcazione fra reale terrorismo e propaganda; gli islamisti arruoleranno un numero crescente di giovani incapaci di distinguere il diritto alla giustizia dalla vendetta religiosa.
Non era questo l'Egitto che tre anni dopo la rivolta di piazza Tahrir, pensavano di celebrare i giovani che la organizzarono. A proposito: i principali leaders di quelle manifestazioni ora sono in carcere, rinchiusi da un regime militare diventato più forte e repressivo di quello di Hosni Mubarak, abbattuto tre anni fa.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi