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Questo articolo è stato pubblicato il 25 gennaio 2014 alle ore 08:16.

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DAVOS. Dal nostro inviato
Nella zona euro ci sono «enormi segnali di miglioramento rispetto ai momenti peggiori della crisi ma la ripresa in Eurolandia è ancora debole, fragile e disomogenea e sostenuta dall'export, la disoccupazione è sopra il 12%», ha detto il presidente della Bce, Mario Draghi, in una sessione del Forum economico mondiale di Davos dove è stato introdotto e moderato dal presidente della società Usa Blackrock, Philipp Hildebrand, ex governatore della banca centrale svizzera e dal fondatore del Forum Klaus Schwab.
«In Spagna e Italia l'azione della Bce, con la promessa di fare ogni cosa necessaria a difesa dell'euro, ha praticamente dimezzato i rendimenti sui titoli di Stato», ha rivendicato Draghi, notando il rialzo del 50% delle borse. Il presidente però ha anche ammonito che «il lavoro sulle riforme non é affatto finito».
Un anno dopo la situazione dell'eurozona è completamente diversa e lontana dall'emergenza che vedeva addirittura mettere in dubbio l'esistenza della moneta unica. La politica monetaria accomodante ha fatto guadagnare tempo, ma ora tocca ai governi fare le riforme.
«La Bce ha fornito liquidità, ma la svolta c'è stata alla fine di giugno 2012 a Bruxelles quando venne decisa l'Unione bancaria. I mercati avevano sottostimato la volontà politica che sosteneva l'euro», ha ricordato Draghi.
E' finita dunque la crisi nella periferia? «La Germania ha già fatto le riforme strutturali che servivano dieci anni fa. Altri paesi le stanno facendo oggi. Il lavoro, però, non è finito anche se in alcuni paesi periferici hanno fatto un buon lavoro».
Quanto all'"orco" della deflazione «non la vedo nell'area euro, ma siamo ben consapevoli che più dura questo periodo di bassa inflazione, maggiori sono i rischi», ha detto il presidente Bce.
Draghi ha messo in guardia i paesi dell'area euro dal mostrare «qualunque esitazione» sul risanamento dei conti pubblici e sul rigore di bilancio: Viene immediatamente punita dai mercati». In sostanza Draghi ha ribadito che gli sforzi già fatti sull'aggiustamento dei conti pubblici «non vanno vanificati».
L'alta disoccupazione nel- l'Eurozona è solo in parte dovuta alla recessione, una parte è dovuta alle distorsioni che vanno affrontate con riforme strutturali. È il caso - ha detto il presidente della Bce - della disoccupazione giovanile: «c'è qualcosa nella normativa del lavoro che discrimina i giovani».
Infine le banche. I Paesi dell'area euro hanno preso l'impegno a sostenere le banche che dovessero emergere come «deboli» dalla procedura europea di analisi approfondita dei bilanci (AQR) condotta dalla Bce, ma gli istituti che dovessero risultare «totalmente dissestati» devono esser «lasciati andare», "should go" ha detto Draghi.
«Quando effettueremo la Asset Quality Review, potrebbe ben accadere che alcune banche risultino deboli, con necessità di capitali, e se non possono reperirli da sole che succede? Le banche dovrebbero sopportare da solo parte delle perdite e poi avrebbero accesso a aiuti pubblici e ogni governo è impegnato ad assicurare questo aiuto. E non abbiamo dubbi - ha detto Draghi -che questo impegno verrà rispettato». Ci sono vari casi, secondo il presidente della Bce. Se una banca «è del tutto dissestata allora deve essere lasciata andare». Ma poi possono esserci situazioni di banche solventi, in linea con le regole, che però in seguito agli stress test emergerebbero in situazioni da "border line". Queste ultime andranno trattate «caso per caso», ha concluso Draghi.
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