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Questo articolo è stato pubblicato il 26 gennaio 2014 alle ore 14:57.
In regresso nelle acque somale, dove i mercantili sono protetti da flotte e guardie armate, i pirati africani sembrano aver trovato un altro Eldorado nell'Oceano Atlantico, soprattutto nel Golfo di Guinea, ma anche più a sud. Nelle acque somale è il comando della missione dell'Unione Europea Atalanta a fare il punto su come la presenza di navi da guerra e guardie armate abbia contenuto la minaccia piratesca a 8 navi attaccate contro le 35 del 2012, mentre nessun attacco è andato a buon fine.
«Ci sono sempre dei gruppi attivi affiliati a sistemi mafiosi in Somalia. Ma non ci sono più le condizioni per rendere interessante un atto di pirateria», ha detto il 23 gennaio l'ammiraglio francese Hervé Ble'jean che guida la missione navale, invitando comunque a «non abbassare la guardia» e a intensificare la cooperazione tra militari e compagnie marittime. Queste ultime hanno inviato 30 ufficiali di collegamento presso il quartier generale delle operazioni anti pirati di Northwood, in Gran Bretagna.
Diversi, ma pur sempre ottimistici, i dati diffusi dall'International Maritime Bureau circa il calo vistoso degli abbordaggi dei pirati somali, con 15 attacchi registrati nel 2013 di cui 8 con navi colpite da armi da fuoco e due sequestrate ma in breve tempo liberate dall'intervento delle navi internazionali. Il crollo delle attività dei pirati somali ha influito pesantemente sui dati globali della pirateria, che nel 2013 hanno registrato il livello più basso degli ultimi sei anni con 264 attacchi, 202 navi abbordate, 22 colpite con armi da fuoco e 12 sequestrate con poco più di 300 marinai presi in ostaggio, dei quali 21 feriti.
Se le acque somale sono sempre più presidiate, i pirati sembrano puntare su altre aree marittime africane dove la sorveglianza navale è meno capillare e le flotte internazionali e dei paesi rivieraschi meno presenti.
È il caso delle acque indonesiane o intorno agli stretti malesi e, in Africa, delle acque di Kenya, Tanzania e Mozambico dove sono in crescita gli atti di pirateria (sempre attribuiti a gruppi somali spostatisi a sud) e dove le flotte europee stanno rafforzando la cooperazione con le Marine locali. Iniziativa che vede l'Italia in prima fila con l'imminente firma di un accordo di cooperazione tra la Marina Militare e quella del Mozambico in coincidenza con la sosta a Maputo del gruppo navale guidato dalla portaerei Cavour, che sta continuando in Africa la missione iniziata in novembre nel Golfo Persico che è al tempo stesso addestrativa, umanitaria e di promozione del made in Italy.
«L'attività di cooperazione con la Marina del Mozambico, come quelle già in atto con le forze navali di Gibuti e Tanzania, mira ad aiutare le forze locali a sviluppare la capacità di svolgere in autonomia le attività di sorveglianza marittima», spiega a Il Sole 24 Ore l'ammiraglio Enrico Credendino, a capo del Terzo reparto dello stato maggiore della Marina, rientrato da pochi giorni da Maputo. In Mozambico il gruppo navale Cavour lascerà per un periodo non ancora definito il pattugliatore Borsini, gioiello tecnologico della cantieristica e dell'industria della Difesa italiana, che imbarcherà marinai mozambicani e coopererà con le forze navali locali che dispongono solo di unità leggere (alcune donate da Spagna e Sud Africa, altre vendute dalla Francia) e potrebbero in futuro ampliare la flotta con pattugliatori di costruzione italiana. La missione del Borsini contribuirà inoltre a fornire la sicurezza contro attacchi dei pirati anche alle piattaforme off-shore di gas situate nell'area marittima settentrionale al confine con le acque della Tanzania, dove l'Eni ha in concessione un'area ricchissima.
La nuova "mecca" dei pirati sembra però essersi in buona parte spostata dall'Oceano Indiano all'Atlantico, come confermano anche gli ultimi dati forniti dall'International Maritime Bureau che segnalano ben 51 attacchi nel Golfo di Guinea, di cui 31 attribuiti a pirati nigeriani. Quasi il 20 per cento degli attacchi dei pirati registrati nel mondo si sono verificati i queste acque. Finora gli abbordaggi erano stati di breve durata e tesi soprattutto a saccheggiare denaro e valori sulle navi ma, come accadde negli anni scorsi in Somalia, i pirati sembrano pronti al salto di qualità. Da una settimana è scomparsa infatti la petroliera Kerala battente bandiera liberiana ma di proprietà greca, in navigazione nelle acque dell'Angola. «La Marina militare sta seguendo le tracce dei pirati non solo con imbarcazioni ma anche con mezzi aerei» ha dichiarato un ufficiale della Marina angolana precisando che il sequestro «è avvenuto intorno alle 19 di sabato scorso a circa 3,5 miglia dalla costa».
La Sonangol, compagnia petrolifera nazionale per cui la Kerala stava prestando servizio, ha reso noto che a bordo ci sono 27 persone di equipaggio di nazionalità filippina e indiana. Si tratta del primo caso segnalato lungo le coste angolane, segnale che i pirati stanno spostandosi dal Golfo di Guinea verso sud. Nell'agosto scorso il presidente dell'Angola (secondo produttore di petrolio in Africa dopo la Nigeria), José Eduardo Dos Santos, aveva lanciato un appello per la cooperazione regionale contro la pirateria che «mette a rischio le esplorazioni di petrolio off shore».
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