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Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2014 alle ore 14:03.
L'ultima modifica è del 29 gennaio 2014 alle ore 20:08.

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La "ghigliottina" parlamentare - applicata per la prima volta alla Camera dopo l'ostruzionismo del M5S al decreto Imu- Bankitalia che aveva messo a rischio la conversione in legge del provvedimento - è il passaggio diretto al voto finale di un decreto, in qualsiasi fase dell'esame dell'aula si trovi. L'istituto discende da una interpretazione della presidenza della Camera, avvenuta nella XIII legislatura: "ghigliottina" per assicurare la deliberazione sui decreti legge nei termini costituzionali. Una interpretazione che poi è stata riconfermata successivamente, anche se alla Camera non è mai stata applicata, perché la minaccia di apporre la "ghigliottina" ha finora sempre fatto rientrare l'ostruzionismo.

Senza "ghigliottina" a deliberare è una minoranza
Secondo una dichiarazione del 2000 dell'allora presidente Violante, la reiezione del decreto legge per mancata deliberazione entro i 60 giorni previsti dalla Costituzione, per effetto del comportamento dell'opposizione, non è «accettabile in nessun sistema politico democratico». Sarebbe, in pratica, «una minoranza a deliberare e non una maggioranza», ha spiegato. Alla Camera si è giunti a questa interpretazione nonostante nel regolamento di Montecitorio non ci sia una disposizione ad hoc, come al Senato. Assicurare il voto sui decreti legge è responsabilità del presidente, a prescindere se ad allungare i tempi sia la maggioranza o l'opposizione.

La disposizione ad hoc di palazzo Madama
Al Senato ci sono precise disposizioni nel regolamento. L'articolo 78, comma 5, del regolamento di palazzo Madama è previsto che «Il disegno di legge di conversione, presentato dal Governo al Senato, è in ogni caso iscritto all'ordine del giorno dell'Assemblea in tempo utile ad assicurare che la votazione finale avvenga non oltre il trentesimo giorno dal deferimento». Una disposizione che deve essere letta insieme all'articolo 55, comma 5, del regolemento del Senato («Per la organizzazione della discussione dei singoli argomenti iscritti nel calendario, la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari determina di norma il tempo complessivo da riservare a ciascun Gruppo, stabilendo altresì la data entro cui gli argomenti iscritti nel calendario debbono essere posti in votazione»). Il Senato il 30 novembre 1996 ha stabilito con decisione della Conferenza dei presidenti l'applicazione della "tagliola" al trentesimo giorno se il disegno di legge di conversione del decreto è presentato al Senato, al sessantesimo se trasmesso dalla Camera dei deputati. A quel punto il presidente di Palazzo Madama può porre in votazione il provvedimento con la decandenza automatica degli emendamenti non esaminati. Il presidente può anche mettere in votazione gli emendamenti accolti in commissione.

Boldrini: via libera alla prima applicazione dell'istituto
La mancata conversione in legge di un decreto, aveva chiarito la Presidenza l'11 maggio 2000, «sarebbe responsabilità specifica del Presiente di questa Camera se, per voltà, non avessi coraggio di assumere una decisione dura, che va assunta per salvaguardare un essenziale principio democratico» del Paese. E alla fine la Boldrini, dopo il lungo ostruzionismo del M5S sul decreto Imu-Bankitalia, ha deciso per la prima applicazione dell'istituto. Si erano iscritti a parlare in 173 per le dichiarazioni di voto (compresi i deputati di Sel e Lega) e ci sarebbero volute 30 ore per ascoltarli tutti. E il decreto scadeva alle 23,59.

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