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Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2014 alle ore 12:27.

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Un piano per far entrare nell'università italiana 2mila ricercatori all'anno nei prossimi cinque anni, e ringiovanire così un corpo docente che oggi viaggia intorno ai 51 anni di età media; un credito d'imposta per l'inserimento dei giovani laureati nel mondo del lavoro; rendere effettivo il diritto allo studio ampliando gli interventi a tutti gli studenti che ne hanno i requisiti.

Sono tre delle 18 proposte lanciate ieri dalla Conferenza dei rettori (Crui) per far ripartire l'università, un organismo che secondo chi lo guida è oggi bloccato dalle regole, privo di autonomia effettiva nel reclutamento dei docenti e nella gestione delle risorse, a causa di norme che trattano tutti allo stesso modo a prescindere dai risultati e impediscono alle università italiane di concorrere con gli atenei del resto d'Europa su un terreno internazionale per natura come quello della ricerca.

I rettori non si limitano però alla protesta, e lanciano appunto un elenco organico di 18 proposte che rispondono alle parole d'ordine di «autonomia», «competitività» e «semplificazione», senza trascurare la revisione dei meccanismi di finanziamento.
Il pacchetto di idee lanciato dai rettori alla partenza del programma europeo Horizon 2020 per il finanziamento integrato della ricerca è articolato, ma si traduce nella richiesta di essere valutati sui risultati con un sistema che tagli la giungla di regole fiorita con l'attuazione della riforma Gelmini nel tentativo di frenare la spesa: obiettivo che si è tradotto in vincoli di dettaglio, che frenano scelte autonome sul reclutamento e sulle politiche di bilancio. Per superare il pantano, spiegano i rettori, bisogna cancellare una serie di limiti alla composizione del corpo docente ed eliminare i vincoli troppo minuziosi ai singoli capitoli di spesa, trasformandoli in obiettivi di bilancio da accompagnare con linee guida condivise nell'applicazione della nuova contabilità economico-patrimoniale.

Proprio il finanziamento, nell'analisi dei rettori, è uno dei capitoli da riformare in modo più deciso, riportando il fondo statale ai livelli del 2009 (servirebbero almeno 700 milioni in più) e rendendo effettivi i premi basati sui risultati: anche nel 2013, cinque anni dopo il debutto ufficiale del «finanziamento competitivo», i premi reali non ci sono stati, e l'università con i risultati migliori secondo i parametri ministeriali (Milano Bicocca) continua a ricevere meno fondi dell'ultimo ateneo nella classifica delle performance (Messina).

gianni.trovati@ilsole24ore.com

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