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Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2014 alle ore 06:44.

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I disordini che da tre mesi scuotono la Thailandia, primo esportatore mondiale di caucciù, non sono riusciti a frenare la caduta dei prezzi della materia prima, che solo nel 2014 sono già diminuiti di oltre un quarto: a Tokyo la prima posizione dei future ha chiuso ieri a 223 yen (2,17 dollari) al chilogrammo, il livello più basso da settembre 2012 e meno della metà rispetto al record storico di febbraio 2011.
Nel Paese asiatico domenica si andrà al voto: appuntamento confermato, nonostante l'appello per un rinvio da parte della Commissione elettorale, preoccupata dalle manifestazioni sempre più violente contro la premier Yingluck Shinawatra, che hanno fatto temere a molti analisti un imminente colpo di Stato. Le proteste non hanno finora ostacolato le esportazioni, né la produzione di gomma, su cui il Governo si mantiene ottimista: la previsione dell'Ufficio economia agricola è che nel 2014 aumenterà per il quarto anno consecutivo, a 4 milioni di tonnellate (+4,3%). Un incremento che potrebbe contribuire ad ampliare il surplus di offerta, che gli esperti di "The Rubber Economist" stimano di 366mila tonnellate.
Comunque sia, non è tanto sulla produzione che si concentra l'attenzione degli investitori, quanto sulla domanda. In particolare si teme che gli acquisti della Cina – responsabile di un terzo dei consumi mondiali – possano frenare bruscamente dopo il boom di importazioni dei mesi scorsi.
Il fenomeno è stato stimolato anche dalle politiche agricole di Shinawatra, la cui base elettorale è concentrata tra i contadini. La premier thailandese – che per anni ha sostenuto il settore del riso con un programma disastroso per le casse dello Stato e per la competitività del prodotto locale – lo scorso settembre ha risposto alle proteste dei produttori di gomma con una sospensione temporanea delle tasse sull'export. La sua efficacia si è dimostrata notevole: la Cina, approfittando della convenienza, ha comprato a man bassa, tanto che le sue importazioni – in gran parte grazie ad acquisti dalla Thailandia – sono salite a livelli record negli ultimi mesi del 2013 (addirittura 350mila tonnellate in dicembre, il 67% in più rispetto a un anno prima).
Adesso però le agevolazioni sono finite. E Pechino, che ha accantonato materiale anche per le riserve strategiche, si ritrova con le scorte più ampie da un decennio. Nei magazzini della Borsa di Shanghai ci sono oltre 200mila tonnellate di caucciù, mentre nel porto di Qingdao – dove si concentra la merce non ancora sdoganata – si stima ve ne siano almeno altre 300mila: una quantità enorme, anche a fronte dei voraci consumi cinesi, che sono intorno a 340mila tonnellate al mese.
Il crollo delle quotazioni internazionali in teoria potrebbe incitare ulteriori acquisti, ma venerdì in Cina – e in gran parte dell'Asia – iniziano le festività del Capodanno lunare. La frenata dell'economia cinese fa inoltre temere che il mercato dell'auto smetta di correre come l'anno scorso, quando le immatricolazioni a sorpresa sono salite del 14 per cento. Infine, la gomma si deteriora in tempi abbastanza rapidi e anche i cinesi sanno che non conviene mantenere giacenze eccesive.
@SissiBellomo
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