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Questo articolo è stato pubblicato il 30 gennaio 2014 alle ore 17:49.
L'ultima modifica è del 30 gennaio 2014 alle ore 18:34.

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Giovanni Leone, Oscar Luigi Scalfaro, Francesco CossigaGiovanni Leone, Oscar Luigi Scalfaro, Francesco Cossiga

L'impeachment è un antico istituto del common law, che si è sviluppato in Inghilterra dal 1376 - anno in cui il Parlamento inglese mise in stato d'accusa alcuni ministri di Edoardo III e la sua amante Alice Perrers per corruzione e incapacità - al XVIII secolo. È stato disciplinato dai padri costituenti degli Stati Uniti d'America nella Costituzione di Filadelfia del 1787. In Italia nessun capo dello Stato è stato messo formalmente in Stato d'accusa dal Parlamento, ma tre volte ci si è andati vicino.

In Italia il Capo dello Stato può essere accusato di «alto tradimento e attentato alla Costituzione», come recita l'articolo 90 della Costituzione. È il Parlamento riunito in seduta comune, dopo la fase istruttoria curata dal Comitato parlamentare per i procedimenti d'accusa, a dover decidere a maggioranza assoluta la messa in stato d'accusa. Il Comitato ha 5 mesi di tempo per esaminare la richiesta, prorogabili. Il giudizio sul presidente della Repubblica è poi demandato alla Corte Costituzionale, come stabilisce l'articolo 134 della Costituzione. Ecco i principali casi italiani e americani.

Leone lasciò l'incarico nel 1978
Il primo presidente della Repubblica minacciato di impeachment fu nel 1978 Giovanni Leone, sesto presidente della Repubblica italiana. Lasciò l'incarico dopo una lunga campagna stampa che chiamava in causa il capo dello Stato relativamente allo scandalo Lockheed (illeciti nell'acquisto da parte dello Stato italiano di velivoli dagli Usa). Lasciò - 14 giorni prima dell'inizio del semestre bianco - il 15 giugno 1978 quando la direzione del Pci annunciò di voler avviare la procedura di messa in stato di accusa. Fu poi riconosciuta la sua estraneità.

La minaccia a Oscar Luigi Scalfaro
Il secondo a essere minacciato fu Oscar Luigi Scalfaro. «Non ci sto», disse Scalfaro il 3 novembre 1993 in un messaggio tv, a reti unificate, interrompendo la telecronaca della partita di Coppa Uefa Cagliari-Trabzonspor, con un messaggio straordinario alla nazione per difendersi dalle accuse di aver gestito fondi neri a uso personale quando era stato ministro dell'Interno. Parlò di "gioco al massacro" e dell'esplosione dello scandalo Sisde come rappresaglia della classe politica travolta da Tangentopoli per infangare la figura del capo dello Stato. Non si arrivò mai a formulare la proposta della messa in stato di accusa e Scalfaro concluse il suo mandato presidenziale.

Il più vicino fu Cossiga
Ci si andò vicino Francesco Cossiga nel 1990, nell'ambito della vicenda Gladio. Pds, Rete e Rifondazione comunista avviarono una procedura di impeachment nei confronti dell'allora presidente della Repubblica. La messa in stato di accusa di Cossiga fu formalmente presentata nel 1991. Il Parlamento la respinse. Poi l'anno dopo Cossiga, fu accusato dal Pds di Occhetto di aver attentato alla Costituzione con le "picconate" e con il suo ruolo nell'organizzazione segreta Gladio. Fra i firmatari della richiesta ci furono Luciano Violante, Marco Pannella. Nando Dalla Chiesa, Leoluca Orlando. Cossiga si dimise dalla presidenza della Repubblica il 28 aprile 1992, a due mesi dalla scadenza naturale del mandato. Non ci fu il voto sulla messa in stato di accusa.

I casi americani: Johnson, Clinton e Nixon
Negli Stati Uniti furono sottoposti a impeachment tre presidenti. I presidenti Andrew Johnson (nel 1868 si salvò per un solo voto e non fu più ricandidato dal partito Repubblicano) e Bill Clinton (nel 1999 accusato di "spergiuro" per il suo rapporto Monica Lewinsky, stagista alla casa Bianca. Fu assolto dal Senato). E Richard Nixon, nel mirino dell'impeachment per la vicenda Watergate: si dimise prima della sentenza.

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