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Questo articolo è stato pubblicato il 30 gennaio 2014 alle ore 06:43.

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SERBIA
Elezioni anticipate
a metà marzo
La Serbia tornerà a votare il 16 marzo. A meno di due anni dalle elezioni il governo di Belgrado ha chiesto e ottenuto dal presidente della Repubblica Tomislav Nikolic, lo scioglimento del Parlamento «per andare al voto e conquistare - spiegano al governo - un sostegno più ampio, proseguire nelle riforme e nella modernizzazione della società». Il premier socialista Ivica Dacic ha dovuto cedere alle pressioni dei conservatori dell'Sns, il Partito del progresso serbo del leader e vicepremier Aleksandar Vucic. La Serbia ha appena avviato i negoziati con Bruxelles per aderire all'Unione Europea. A fine febbraio dovrebbero iniziare i negoziati con l'Fmi su un nuovo prestito a sostegno dell'economia.
UCRAINA
Votata l'amnistia
per i dimostranti
I deputati vicini al presidente Viktor Yanukovich hanno offerto ieri un'ulteriore concessione ai gruppi dell'opposizione approvando in tarda serata un'amnistia per i manifestanti arrestati: la legge entrerà però in vigore solo dopo lo sgombero degli edifici governativi occupati a Kiev e in altre città dell'Ucraina. Per questo i deputati dell'opposizione, che avevano chiesto un'amnistia senza condizioni, si sono astenuti dal voto, così che la legge - preceduta martedì dalle dimissioni del governo e dall'abrogazione delle leggi anti-protesta - non basterà per il momento ad allentare le tensioni. Al contrario, l'ex presidente Leonid Kravchuk ha avvertito che il Paese è ancora «sull'orlo di una guerra civile».

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