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Questo articolo è stato pubblicato il 01 febbraio 2014 alle ore 08:19.

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Il tema della presidenza Telecom Italia torna in discussione. Il vice-presidente vicario Aldo Minucci aveva deciso di rassegnare le dimissioni. Ma le telefonate intercorse con alcuni consiglieri l'hanno convinto a rinviare la valutazione al cda del 6 febbraio. Se il presidente Ania decidesse di lasciare, l'interim passerebbe al consigliere più anziano, Jean-Paul Fitoussi, e il board, che ha perso già pezzi negli ultimi mesi, si ridurrebbe a 10 membri rispetto ai 15 originari.
Prima si è dimesso Elio Catania, incappato in una vicenda di diffusione di notizie riservate. Poi, il 3 ottobre, ha lasciato il presidente Franco Bernabè, in polemica con Telco, indisponibile a sostenere un aumento di capitale. A dicembre si sono dimessi il presidente di Telefonica Cesar Alierta e il suo vice Julio Linares, per avere mani libere nella difesa degli interessi del gruppo in Brasile, dove l'Antitrust locale ha condizionato l'ok all'acquisizione del 50% di Vivo all'uscita da Telco-Telecom Italia, disponendo in alternativa la rivendita della quota a un operatore non ancora presente su piazza. Quindi, a ridosso di Natale il presidente di Rcs, Angelo Provasoli, cooptato da un mese, ha rinunciato a essere confermato all'assemblea convocata per iniziativa della Findim di Marco Fossati che chiedeva la revoca degli amministratori Telco per il conflitto d'interessi con Telefonica. E in quella stessa assemblea non c'erano stati i numeri sufficienti per portare in consiglio l'economista Angelo Tantazzi e l'avvocato Stafania Bariatti, indicati da Telco.
Tant'è che alla fine il board Telecom ha deciso di soprassedere sulla sostituzione di Bernabè, riconfermando l'interim a Minucci fino alla scadenza del consiglio con l'assemblea di metà aprile. Un autunno tormentato per Telecom che non ha ancora ritrovato serenità. Ora all'ad Marco Patuano tocca il delicato compito di trovare un equilibrio, tra le posizioni di Telco – una compagine comunque in via di esaurimento – e i segnali arrivati dal mercato, che consenta di affrontare la non più rinviabile questione del posizionamento strategico del gruppo, con un nuovo board esente dal sospetto di condizionamenti. La formula di compromesso ipotizzata dal management, a quanto risulta, è la riduzione del consiglio a 11, con otto posti riservati alla maggioranza e tre alle minoranze, ma con una preponderanza di indipendenti. Si eviterebbe in questo modo la modifica dello statuto, che non passerebbe in assemblea straordinaria senza l'assenso di Telco, con i soci italiani (Generali, Mediobanca e Intesa) preoccupati che il cambiamento di governance possa costituire un pretesto per mandare all'aria gli accordi con Telefonica.
La formula a 11 è stata però giudicata «ancora insufficiente» da Fossati, che sposa la proposta Asati: cda a 15, con sette amministratori espressi dalle minoranze cui dovrebbero andare i comitati di garanzia controlli e remunerazioni. Fossati ha anche polemizzato a distanza con Naguib Sawiris, che in questi giorni ha confermato l'interesse a investire in Telecom partecipando a un aumento di capitale che, a suo giudizio, dovrebbe essere di almeno 3-4 miliardi. «Se vuole investire può comprare sul mercato. La questione – ha spiegato Fossati a «il Sole-24Ore» – non è però di fare un aumento di capitale per abbattere il debito. Il punto è costruire un progetto di sviluppo. Se vogliamo accelerare gli investimenti nella rete, ci vuole un aumento di capitale che può però essere riservato a chi apporta asset utili al progetto: penso a Metroweb e Cdp». Sulle dichiarazioni del premier Enrico Letta alla presentazione del rapporto Caio, Fossati ha osservato che è «inopportuno parlare di scorporo della rete, imposto a una società privata, se non venissero fatti investimenti nella rete e dopo aver ignorato il problema del conflitto d'interessi». Piuttosto, sostiene Fossati, «il Governo dovrebbe fare la sua parte e dire come intende incentivare gli investimenti che servono al Paese». Quanto al Brasile, l'opzione Gvt – che il management Telecom, in stretto riserbo, sta cercando di approfondire con Vivendi – è condivisa da Fossati: «Era anche nel mio progetto». Ma la domanda è: «Qual è invece il progetto di chi è in cabina di regia? Qual è il progetto di Telefonica per Telecom?».
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