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Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2014 alle ore 14:36.
L'ultima modifica è del 02 febbraio 2014 alle ore 16:41.

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(Ansa)(Ansa)

Un cartellino giallo al governo, alla politica e al paese. «Se non decidiamo di intervenire rischiamo la desertificazione industriale». Giorgio Squinzi usa una formula da "uomo di sport" per lanciare un forte avviso al governo e rimettere al centro la gravità della situazione economica. Nei giorni scorsi Il presidente di Confindustria aveva inviato una lettera al presidente del Consiglio sul caso Electrolux e sul rischio di deindustralizzazione del paese senza interventi che possano ridare competitività alle imprese e al paese.

Intervistato nella trasmissione di Lucia Annunciata "In mezz'ora", su Rai3 Squinzi ha avvisato Il governo: l'economia reale è in una situazione drammatica. Serve più coraggio: «O si cambia passo con il governo esistente o allora andiamo a votare», è stata la risposta di Squinzi alla domanda sulla prospettiva di un eventuale voto e sulla necessità di una riforma elettorale. «La distanza della politica dall'economia reale non è mai stata così ampia» ha detto.

Il caso Electrolux è emblematico delle difficoltà che vivono le aziende nel paese: si è arrivati a questo punto perché non si è intervenuti sul cuneo fiscale, sulla burocrazia, sui tempi della giustizia, non sono stati fatti quegli interventi necessari di politica industriale. Sul cuneo fiscale, in particolare, Squinzi ha ricordato che la richiesta di Confindustria era di almeno 10 miliardi per essere efficace, nella legge di stabilità è stato stanziato poco più di un miliardo.

«Serve più coraggio, il governo Letta ha fatto una giusta analisi ma è troppo timido nel dare soluzioni. Mi auguro che sia possibile in cambio di passo», ha incalzato il presidente di Confindustria. Ora c'è la novità di Matteo Renzi: «È giovane, dinamico, mi sembra desideroso di apportare i cambiamenti necessari al paese», ha detto Squinzi, aggiungendo che un giudizio si potrà dare dopo che verranno realizzate le cose che sta portando avanti.

Bene che si arrivi all'accordo sulla legge elettorale «è un fatto positivo se il risultato è un parlamento più stabile e un governo che sia in grado di governare. Praticamente ci siamo»: il paese «ha bisogno di stabilità nell'azione di governo». Stabilità sì, ma occorre un cambio di passo. Per creare occupazione serve una crescita di almeno il 2 per cento all'anno. «Non pensiamo che si possa fare nel 2014». I numeri, a partire dalle previsioni del Centro studi di Confindustria, fino ad ora sempre "azzeccate", «non ci permettono di guardare con ottimismo verso il futuro», ha detto il presidente ricordando la stima per il 2014 di +0,6-0,7% per il Pil, «frazione di un punto che non basta a creare occupazione e a far ripartire il Paese». Secondo le previsioni del Csc si potrà tornare ai livelli del 2007 solo nel 2021.

«Dobbiamo fare quegli interventi che servono per far ripartire il paese». L'Electrolux è la dimostrazione del perché siamo arrivati a questo punto: una preoccupazione particolare, così come per altri casi, perché una grande azienda ha ricadute sull'indotto e su tutto il territorio.

Squinzi ha commentato anche la vicenda Fiat: una grande azienda italiana che diventa competitiva nel mondo «bisogna dare atto a Marchionne di aver operato nella direzione giusta e con capacità straordinarie, l'importante è che il cervello e l'attività produttiva venga mantenuta in Italia». Alla domanda perché con la sua Mapei non fa come la Fiat, Squinzi ha risposto: «Siamo presenti in 33 paesi per stare vicino al mercato, non sentiamo la necessità di prendere certe misure. Bisogna che il paese decida di agire sui nodi che spingono tante aziende ad andarsene. Vale per le italiane e per quelle straniere che vengono qui ad investire».

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