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Questo articolo è stato pubblicato il 04 febbraio 2014 alle ore 06:43.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:57.

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ROMA - «L'ho detto già durante la mia audizione in Parlamento: la questione di cosa faranno le banche con la "sopravvenienza positiva" rappresentata per i loro bilanci dalla rivalutazione delle quote di Banca d'Italia è una questione rilevante e la Banca centrale vi farà molta attenzione.Naturalmente, noi non vogliamo certo essere dirigisti, anche perché i benefici che deriveranno alle aziende di credito dal decreto si confrontano con difficoltà oggettive sul versante del credito». Il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ha sottolineato ieri che dalla riforma della governance di Bankitalia potrà derivare un incentivo a fare più credito da parte delle banche che potranno rivalutare le quote, durante un incontro con la stampa dedicato a chiarire gli effetti della nuova legge.

Tra le difficoltà nell'erogare prestiti, ha ricordato Visco «una è la bassa domanda connessa alle incertezze dell'economia, l'altra motivazione addotta è legata allo stock di sofferenze esistenti che rende difficile fare credito. Ebbene– ha aggiunto– ora il sistema ha un incentivo a fare più credito». Secondo quanto ha spiegato il governatore, che era affiancato dal direttore generale di Palazzo Koch Salvatore Rossi,il diritto a rivalutare le quote di Bankitalia si tradurrà in circa 40 punti base in più per il ratio patrimoniale della media delle banche interessate, mentre «per le quindici oggetto di stress test il vantaggio si riduce a 30 punti base». In altre parole, per una banca che, come Intesa Sanpaolo a giugno del 2013 aveva un Ct1 capital ratio dell'11,2% il rapporto passerà all'11,5% ; per una come Unicredit che a giugno 2013 era all'11,3% il rapporto arriverà all'11,6%.

Tuttavia questo incremento, che non è un artificio ma che dipenderà dalle norme contabili internazionali «non potrà essere incluso nel capitale inizialmente valido ai fini dell'asset quality review, in quanto a questo scopo si applicano i filtri prudenziali previsti dalle norme di Banca d'Italia».Quel che il governatore e i suoi collaboratori hanno tenuto a sottolineare, in ogni caso, è in primo luogo che che «la Banca d'Italia era e resta un istituto di diritto pubblico», e continuerà a svolgere funzioni pubbliche su cui nessun soggetto privato potrà mai esercitare alcuna influenza, come garantiscono i trattati europei e la normativa italiana. In secondo luogo, si è affermato, con la riforma «non è stato fatto un regalo alle banche». Infatti, nè lo Stato nè tanto meno i contribuenti dovranno sborsare nulla per la rivalutazione a 7,5 miliardi del capitale della Banca d'Italia. Semplicemente, l'ammontare dei 7,5 miliardi che prima era iscritto fra i fondi di riserva della banca centrale, adesso entra nel capitale sociale e serve a delimitare i diritti economici dei partecipanti( ma il patrimonio complessivo resta invariato).

Quanto al flusso di risorse in arrivo allo Stato da Banca d'Italia «rimarrà invariato anche in futuro». Anzi, poiché il nuovo statuto della Banca centrale elimina la disposizione che prevedeva che il rendimento delle riserve statutarie andasse ogni anno automaticamente a incrementare le riserve stesse, la riforma «amplierà l'utile di esercizio che alimenterà la retrocessione allo Stato». La nuova normativa implicherà probabilmente per i partecipanti un dividendo accresciuto nell'immediato (ma non nel tempo, perché i calcoli sono stati fatti usando la matematica attuariale), che ha un tetto (i dividendi non potranno mai eccedere i 450 milioni). Il dividendo massimo del 6% non è giudicato eccessivamente elevato dal governatore. Ma già attrae gli investitori istituzionali: è stato infatti spiegato ieri che ci sono già molti potenziali acquirenti per le quote delle Banca d'Italia che dovranno essere cedute dalle banche al di sopra della soglia del 3% stabilita come tetto massimo dalla riforma appena approvata. «Il numero dei potenziali acquirenti è molto alto» sottolineano a Palazzo Koch, rimarcando che interessamento è arrivato da fondi pensioni, fondazioni e fondi di investimento. E' quindi altamente improbabile,ha concluso il governatore, che le quote in eccesso rispetto al limite del 3% siano acquistate da Bankitalia, alla fine del periodo transitorio di 3 anni.

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