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Questo articolo è stato pubblicato il 05 febbraio 2014 alle ore 15:53.

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(Italy Photo Press)(Italy Photo Press)

Era da anni che tra Onu e Santa Sede non si raggiungevano toni così duri ed espliciti, come quello toccato oggi dopo la pubblicazione delle osservazioni conclusive del Comitato per i diritto del fanciullo, al Palazzo delle Nazioni di Ginevra. Alle accuse dell'organismo multilaterale sul fronte della pedofilia la Santa Sede ribadisce il proprio «impegno a difesa dei diritti del fanciullo» ma esprime rincrescimento per il «tentativo di interferire nell'insegnamento della Chiesa cattolica sulla dignità della persona umana e nell'esercizio della libertà religiosa».

Chiaro è il riferimento all'attacco alla linea di insegnamento nelle scuole e nelle università cattoliche in tema di famiglia e vita. L'osservatore della Santa Sede all'Onu a Ginevra, l'arcivescovo Silvano Maria Tomasi, si dice sopreso «perché l'aspetto negativo del documento che hanno prodotto è che sembra quasi che fosse già stato preparato prima dell'incontro del Comitato con la delegazione della Santa Sede» di metà gennaio: insomma è stata seguita una «linea ideologica». Un'accusa che arriva anche alle «organizzazioni non governative - che hanno interessi sull'omosessualità, sul matrimonio gay e su altre questioni - e che hanno certamente avuto le loro osservazioni da presentare e in qualche modo hanno rafforzato una linea ideologica», ipotizzando una sorta di lobby trasversale.

Tre settimane fa una delegazione della Santa Sede aveva presentato il suo rapporto – che oggi Tomasi accusa di non essare stato esaminato a dovere - da cui emergeva che erano quattrocento i preti ridotti allo stato laicale in soli due anni (durante il pontificato di Benedetto XVI) perché considerati responsabili di molestie su minori.

La questione delle responsabiltà della Santa Sede sulle vicende di molestie sessuali si trascina da tempo: l'accusa mossa da varie parti è che per il Vaticano ci sarebbe una responsabilità oggettiva sui casi penali, tesi respinta dalla Curia in quanto, sostiene, non c'è diretta giurisdizione sui fatti dei singoli ecclesiastici («non è una multinazionale»). La giustizia, specie in Usa, ha sempre dato ragione al Vaticano su questo fronte: a pagare sono state le singole diocesi, come Boston e Los Angeles.

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