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Questo articolo è stato pubblicato il 05 febbraio 2014 alle ore 06:42.

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ROMA
Non una «forma legittima di ostruzionismo o di contestazione» ma il tentativo di ostacolare materialmente, «attraverso forme fisiche di impedimento», il lavoro degli organi parlamentari. Questo sono stati i disordini della scorsa settimana alla Camera. E di questo dovrà rispondere il nutrito gruppo di deputati grillini insorti furiosamente all'atto della votazione finale sul decreto Imu-Bankitalia, più qualche altro eletto di diversa provenienza politica.
I questori incaricati di ricostruire per l'ufficio di presidenza i due giorni di fuoco a Montecitorio definiscono l'accaduto di eccezionale gravità sul piano istituzionale. Molti i profili indagati e, per la verità, non solo nei riguardi dei Cinque Stelle. Perché a causa dello spintone dato a Loredana Lupo del M5S è finito tra gli imputati pure il questore Stefano Dambruoso (Scelta civica): risultando per la reazione troppo sopra le righe «estraneo alle funzioni ricoperte», a giudizio dei colleghi Paolo Fontanelli (Pd) e Gregorio Fontana (Forza Italia), autori del resoconto, il che ha spinto il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti a chiederne le dimissioni. Così come bisognerà approfondire la responsabilità di alcuni iscritti al gruppo di Fratelli d'Italia, da dove è partito il lancio delle monete di cioccolato verso le postazioni dell'esecutivo e della presidenza la sera del voto in Aula e dove sono comparsi cartelloni con scritte non giudicate ortodosse. Fuori dei casi evidenziati, grazie anche alle riprese televisive che hanno fatto da supporto agli approfondimenti compiuti sinora, la quasi totalità dei comportamenti contestati è dei grillini. Non senza particolari esilaranti, se si pensa ad esempio alla deputata Silvia Benedetti la quale, stando alla relazione, «mordeva il braccio di un assistente parlamentare che stava tentato di impedirle di sedersi sui banchi del governo».
Toccherà ora all'ufficio di presidenza compiere le valutazioni conclusive sulle sanzioni da irrigare, in un tempo che non si immagina brevissimo. «Sarà un lavoro lungo, ma non ci saranno due pesi e due misure. Saremo obiettivi per ripristinare le condizioni di vivibilità della nostra istituzione» commenta la presidente Laura Boldrini. Quaranta membri della Camera, complessivamente, saranno ascoltati a partire da giovedì, sempre se i lavori dell'Aula lo permetteranno. In gioco c'è la sospensione dall'attività parlamentare da due a quindici giorni, che si è deciso non saranno inflitte comunque nel periodo di discussione della riforma della legge elettorale. Per il piano penale servirà, invece, un'ulteriore e successiva relazione da parte dei questori, molto in là, dunque.
Le ricadute dell'accentuato movimentismo cui è ispirata la linea ultima del M5S non sembrano tuttavia impensierire più di tanto il leader. Dall'ennesima evocazione della trama in atto a danno dei soli Cinque Stelle chiara risulta l'intenzione di Grillo di tenere il conflitto al massimo livello, almeno a parole. «In Italia è in corso, ora, un colpo di Stato, non puoi più far finta di nulla. Non è il primo, potrebbe essere l'ultimo» scrive il leader del Movimento provocando la battuta del segretario dem Matteo Renzi («mi pare sia il tredicesimo dall'inizio del 2014. Fate attenzione, mi raccomando...») e di un mucchio di altre persone in rete. Ciò mentre non ha l'aria di calmarsi l'irritazione manifestata in ampi settori del partito per le cadute di stile di alcuni uomini della comunicazione, a cui non si vuole legare il proprio nome. L'assemblea dei deputati ha respinto la richiesta di avvio dell'iter di espulsione nei confronti di Tommaso Currò. Forse, per non approfondire la brutta storia delle offese fatte dal collega Massimo De Rosa (che riuncerà all'immunità) ad alcune esponenti democratiche.
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