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Questo articolo è stato pubblicato il 06 febbraio 2014 alle ore 11:46.
L'ultima modifica è del 06 febbraio 2014 alle ore 19:26.

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Il decreto doveva servire per eliminare, sebbene gradualmente, il contributo diretto dello Stato ai partiti. Invece, non solo è in scadenza fra venti giorni esatti e quindi quasi su un binario morto, ma i partiti stanno discutendo di reintrodurre i rimborsi elettorali per le elezioni europee.

Il ritardo
Il Ddl di conversione del decreto (varato a dicembre dal Governo per aggirare le lentezze del Parlamento) giace in commissione Affari costituzionali del Senato in attesa del parere della commissione Bilancio sulla copertura finanziaria. E qui spunta una norma che prevederebbe il rimborso statale per le elezioni europee, rimborso non previsto dal testo del provvedimento ma che i partiti vorrebbero inserire. «Il rimborso per le Europee è previsto dalla relazione tecnica al testo ma non dal decreto stesso quindi era necessario allinearli -spiega la relatrice Isabella De Monte, renziana del Pd - a questo risponde l'emendamento di Pagliari del Pd». Poi lo stesso Pagliari annuncia che ritira la norma e che il dietrofront sarà comunicato all'assemblea dei gruppi. Non è detto però che qualcun altro si intesti la modifica e la ripresenti a suo nome.

Lo scontro
Nonostante i tempi strettissimi per approvare il testo, in commissione c'è aria di scontro a trecentosessanta gradi: è duello nella maggioranza dove l'Ncd di Alfano (sostenuto in questo caso dai grillini) vorrebbe azzerare da subito (e non gradualmente) il finanziamento pubblico. Ed è duello anche tra Pd e Fi sul tetto alle donazioni dei privati. Il testo lo stabilisce in 300mila euro, Il Pd vuole abbassarlo a 100mila e Fi vuole alzarlo a 500mila.

Grillo contro Renzi dopo la bocciatura degli emendamenti M5S
Nel pomeriggio, Beppe Grillo torna poi ad attaccare Matteo Renzi riaprendo il botta e risposta sul finanziamento pubblico ai partiti. «I partiti dicono tre volte no: Renzie che dice?», scrive Grillo su twitter riferendosi alla bocciatura in commissione Affari Costituzionali al Senato degli emendamenti grillini che, «se approvati, avrebbero fatto risparmiare immediatamente 2,5 miliardi di euro».

Ddl province
Persino il Ddl Province, che il ministro Delrio aveva "blindato" dopo l'approvazione alla Camera, finisce nel pantano: in commissione al Senato è stato sepolto sotto una coltre di tremila emendamenti. Eppure proprio oggi il leader Pd Renzi ha dichiarato: «Noi vogliamo che il 25 maggio non si voti per le province. La riforma consentirà di avere province di secondo livello con i sindaci protagonisti».

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