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Questo articolo è stato pubblicato il 07 febbraio 2014 alle ore 06:42.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 12:00.

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La percentuale di attuazione delle riforme varate dagli ultimi due Governi – quello dei professori di Mario Monti e l'attuale delle larghe intese di Enrico Letta – in due mesi sale di due punti: dal 38 di inizio dicembre al 40 misurato in questi giorni. La performance sconta, però, l'aumento dello stock dei provvedimenti attuativi che la legge di stabilità – per rimanere alle sole riforme che presentano un impatto economico sulle quali si concentra il rating – ha fatto salire a 831 atti, contro i 748 di inizio dicembre. E ciò non può non incidere sul pacchetto di regolamenti ancora al palo, che ora sono diventati 478, a fronte di 317 già adottati. Il lavoro da fare, insomma, è ancora tanto. E questo nonostante la dote di provvedimenti da portare al traguardo si sia ridotta perché 36 atti richiesti dalle manovre Monti non sono più necessari (per esempio, perché resi inutili da norme sopraggiunte).

L'argomento è, dunque, assai sensibile, tanto che nella riunione del Consiglio dei ministri di ieri il premier Enrico Letta ha svolto una relazione al riguardo, invitando i ministri a predisporre un cronoprogramma di provvedimenti da approvare in tempi rapidi. Lo sprone del primo ministro arriva anche a seguito di un elenco di 50 atti stilato dall'ufficio del sottosegretario di Palazzo Chigi con delega all'attuazione del programma, Giovanni Legnini, dove sono contenuti gli interventi ritenuti più urgenti e di maggior impatto sul quadro economico-sociale. Nella lista ci sono provvedimenti con paternità tanto del Governo Monti che dell'Esecutivo Letta. Diversi i regolamenti sull'attuazione dell'agenda digitale, sul pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, sul lavoro e le politiche sociali, sull'istruzione, sulla cultura.

Ovviamente, i 50 provvedimenti sui quali accelerare non devono far passare in secondo piano gli altri 428 ancora al palo. Per quanto, sull'intero pacchetto di decreti da attuare, si possano fare ulteriori distinguo. Per esempio, il 23% degli atti da portare a compimento e riferibili alle riforme Monti non è ancora scaduto (per le manovre Letta si tratta del 41%) e una quota del 7% dei regolamenti richiesti dal precedente Governo (l'8% per quello attuale) è eventuale, cioè i ministeri interessati possono anche decidere di non predisporre quegli atti.

Detto questo, la necessità di arrivare in tempi ragionevoli ad approntare i tanti decreti attuativi che ancora mancano c'è tutta. In caso contrario, le riforme resterebbero sospese per sempre a mezz'aria. A ciò si aggiunga che la quantità di norme attuative è destinata inevitabilmente a crescere. Basti pensare, per esempio, che in questi giorni sono stati convertiti in legge i decreti Imu-Bankitalia e sulle misure per la terra dei fuochi. Si tratta, insomma, di una continua rincorsa, che ai ritmi con cui vengono attualmente approntati dai ministeri i decreti attuativi, è destinata a vedere il pareggio allontanarsi.

Ecco perché Palazzo Chigi sta spingendo per accelerare il processo di attuazione. A inizio dicembre si è tenuta una riunione con i capi di gabinetto dei ministeri, che è servita a individuare all'interno dei dicasteri un referente a cui chiedere ragione dei provvedimenti attuativi. «Un importante passo avanti – spiega Legnini – non solo per il monitoraggio, ma anche perché così possiamo capire meglio dove stanno i problemi. Per esempio, abbiamo chiesto ai ministeri di indicarci gli atti con particolari ritardi. Ci sono arrivate 15 segnalazioni e ora istituiremo a Palazzo Chigi un tavolo tecnico per trovare il modo di disincagliare quei regolamenti. Un lavoro che, in maniera dedicata, stiamo iniziando a fare soprattutto con l'Economia, che ha il più alto numero di atti da mettere a punto. In prospettiva c'è, poi, la necessità di rivedere le procedure di legiferazione, in modo da semplificarle, per esempio riducendo i concerti tra i ministeri o i tempi di registrazione alla Corte dei conti. Su questo versante, importanti suggerimenti potranno venire dai lavori della commissione bicamerale sulla semplificazione».

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