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Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2014 alle ore 08:18.

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Una business unit incentrata sui non perfoming loans, con all'interno più aree d'attività, tra cui due progetti speciali dedicati alla gestione dei crediti deteriorati, sì, ma in qualche modo recuperabili o rivitalizzabili. Alla presentazione del piano industriale di Intesa Sanpaolo mancano ancora quasi due mesi, ma in ambienti finanziari iniziano a circolare voci sempre più circostanziate sul cantiere guidato da Carlo Messina, che avrà un focus particolare sul credito.
Il primo progetto, presentato la settimana scorsa da Giovanni Gilli prima in Consiglio di Gestione e poi alla Sorveglianza, riguarda il portafoglio di crediti immobiliari. Il precedente più interessante al riguardo è quello di Banca Monte dei Paschi, che nel 2011 ha costituito due newco, battezzate Aiace ed Enea, specializzate nell'acquisto in asta di immobili – l'una di tipo residenziale, l'altra di tipo strumentale – posti a garanzia di crediti della banca; la logica è quella di evitare che si deprezzino troppo lasciando spazio allo speculatore di turno, e nel caso dei veicolo presentato dal manager ex McKinsey, responsabile dei progetti speciali di Intesa, l'obiettivo sarebbe quello di dotare la società di un capitale iniziale di alcune centinaia di milioni di euro, anche se a tendere il perimetro potrebbe arrivare ad alcuni miliardi. Il progetto è in fase di messa a punto – non a caso durante i due consigli il dibattito è stato animato – ma l'intenzione di Intesa sarebbe quella di imbarcare nell'iniziativa un partner con un know how nel settore immobiliare: a questo riguardo, qualche contatto preliminare sarebbe stato attivato anche con Prelios Credit Servicing; d'altronde, Intesa è tra gli azionisti della capogruppo Prelios, e con 8,5 miliardi di portafogli conto terzi è il principale operatore indipendente del settore in Italia.
L'altro veicolo attualmente in fase di studio è quello che vede coinvolta anche UniCredit. Per ora è in fase embrionale e una firma non è ancora stata messa su nessun documento, ma le due prime banche italiane (al lavoro sul dossier con le rispettive divisioni che si occupano di ristrutturazioni dei crediti) avrebbero già ottenuto la disponibilità del fondo Kkr. I consulenti all'opera sono Alvarez & Marsal ma sul dossier il gruppo più nutrito è quello degli avvocati per capire la fattibilità dell'operazione sul versante tecnico: Paul Hastings per conto di Kkr, D'Urso Gatti Bianchi e lo studio Di Tanno (per gli aspetti fiscali) per conto delle banche. L'idea è quella di inserire in un veicolo di cartolarizzazione un portafoglio ristretto di crediti ormai difficilmente esigibili ma comunque legati ad aziende del segmento corporate con potenzialità di sviluppo, magari sfruttando la ristrutturazione del debito prevista dall'articolo 182 bis della legge fallimentare e contemporaneamente rafforzando l'equity.
Un'iniziativa nuova per il mercato italiano, che per questo – come accennato – potrebbe richiedere una gestazione non brevissima. «Non ho mai commentato un'operazione in corso» ha reagito al riguardo, ieri, il ceo di UniCredit Federico Ghizzoni, che però ha ricordato come il gruppo a sua volta disponga di «parecchie idee e obiettivi» in merito ai crediti incagliati, un tema che senz'altro anche oggi sarà al centro del congresso Assiom Forex di Roma.
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