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Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2014 alle ore 08:17.

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GENOVA
L'Ilva di Genova Cornigliano libererà 100mila metri quadrati di aree non contigue una all'altra. Si tratta, in particolare, di quattro aree: due verso Levante, nei pressi del torrente Polcevera, e due verso Ponente, vicine all'aeroporto Cristoforo Colombo. È quanto emerso dalla riunione che ci è svolta ieri pomeriggio presso la Regione Liguria, tra istituzioni locali, Autorità portuale, Confindustria e azienda, per approfondire il tema delle aree che l'Ilva di Cornigliano ha annunciato di essere disponibile a lasciare libere e su cui potrebbero insediarsi nuove attività. E tra le imprese che già hanno mostrato interesse all'operazione ci sono Iren e Ansaldo Energia (ovviamente, a determinate condizioni).
Grandi assenti alla riunione (benché invitati) i sindacati che, spiega Bruno Manganaro, segretario della Fiom-Cgil genovese, «non partecipano agli incontri sulle aree ma solo a quelli sull'occupazione».
È peraltro con la cessione di spazi che l'azienda intende far fronte alla crisi, indotta dalla mancanza di investimenti sul sito, che attraversa lo stabilimento genovese. La fabbrica anziché produrre, come in origine previsto, 350mila tonnellate di banda stagnata l'anno, nel 2013 ne ha realizzate solo 28mila. Nel sito di Genova lavorano 1.740 persone, delle quali 1.450 sono oggi in solidarietà a rotazione. Tra questi dipendenti, diverse centinaia (tra 300 e 600), rischiano di trasformarsi in esuberi. La soluzione pensata da azienda e istituzioni per far fronte all'emergenza mira a introdurre nuove attività produttive negli spazi liberati dalla fabbrica, dove utilizzare anche gli operai in eccedenza. Si tratta di aree che Confindustria Genova, giudica «interessanti», spiega il direttore dell'associazione, Massimo Sola, che ha partecipato all'incontro di ieri,
«È necessario - aggiunge il presidente di Confindustria Genova (nonché ad di Ansaldo Energia) Giuseppe Zampini - fare scelte precise e, da lì, partire con progetti chiari e compatibili per le aree che Ilva è disposta a liberare». Zampini aggiunge che «anche Iren può essere interessata per realizzare una centrale. Ma si può pensare anche a un impianto di digestione anaerobica per i rifiuti. È bene tenere presente, però, che ogni scelta avrà conseguenze sull'insediamento di altre imprese, rendendo più o meno appetibile il progetto».
Riguardo all'eventuale centrale elettrica, Zampini ammette che il mercato oggi «non chiede energia ma la domanda può cambiare. Se Ilva non sarà fra i soggetti che assorbono potenza, però, una centrale nuova è difficile da proporre». Confindustria, ricorda Zampini, «è pronta a mettersi a disposizione degli enti locali per un'operazione di coordinamento tra gli imprenditori interessati alle aree. Credo anche che si possano trovare forme di agevolazione per attrarre le imprese». Già nel 2007 ci furono 17 manifestazioni di interesse per aree liberate dall'Ilva, dopo l'accordo di programma per la dismissione del ciclo a caldo: «ma problemi logistici frenarono le aziende», dice Zampini. Problemi che, però, oggi appaiono superati, visto che Ilva ha liberato aree d'interesse per gli imprenditori. Le due a Ponente (di circa 20mila metri quadrati ciascuna) comprendono una banchina alla foce de fiume Polcevera (che sarebbe in co-uso con Ilva) e l'area della ex centrale elettrica della fabbrica, oggi chiusa. Qui potrebbe nascere la nuova centrale con il contributo di Iren e Ansaldo Energia. Le due aree a Levante sono vicine all'aeroporto: una è di 35mila metri quadrati, con un edificio e un collegamento all'esterno; l'altra è più interna ed è di circa 25mila metri quadrati.
Secondo il sindaco di Genova, Marco Doria, l'incontro di ieri ha dimostrato volontà «di dialogare e lavorare. Ilva ha confermato che intende proseguire la produzione a Taranto, Genova e Novi. Non si tratta di chiudere degli impianti per liberare delle aree ma di aree che già oggi non sono funzionali all'attività siderurgica. Anzi. Si sta parlando di un'ipotesi di ulteriori investimenti».
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