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Questo articolo è stato pubblicato il 09 febbraio 2014 alle ore 20:32.
L'ultima modifica è del 09 febbraio 2014 alle ore 20:40.

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BRUXELLES – È con rammarico che la Commissione Europea ha preso atto questa sera dei risultati del referendum nel quale gli svizzeri si sono espressi a favore di limiti all'immigrazione. L'impatto del voto è ancora difficile da prevedere. Per il governo svizzero l'esito elettorale è certamente fonte di imbarazzo internazionale, tanto che sarà interessante capire se e quanto il referendum influenzerà il delicato negoziato sullo scambio automatico di informazioni in campo bancario.

Il risultato elettorale «va contro il principio della libera circolazione delle persone tra l'Unuone Europea e la Svizzera», ha spiegato in un comunicato l'esecutivo comunitario, che «esaminerà nel suo complesso le implicazioni di questa iniziativa sulle relazioni con la Svizzera». Il referendum mette in dubbio l'accordo tra Bruxelles e Berna sulla libera circolazione delle persone. L'intesa, firmata nel 1999, è entrata in vigore nel 2002. Prevede tra le altre cose l'assenza di controlli alla frontiera.

Il trattato offre ai cittadini svizzeri nei paesi della Ue e ai cittadini della Ue in Svizzera gli stessi diritti di ingresso e di soggiorno, di accesso a una attività economica, di residenza in quanto lavoratore indipendente, di trattamento in materia di previdenza sociale, di riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali. A questo accordo sono state associate anche intese sul libero commercio di alcuni prodotti, sull'agricoltura, sugli appalti pubblici o sulla soppressione dei controlli veterinari.

Bruxelles ha minacciosamente spiegato che la messa in discussione del trattato sulla libera circolazione delle persone implicherà un'analisi delle conseguenze sull'insieme delle relazioni euro-svizzere. Non è chiaro cosa significhi, tanto più che nella sua dichiarazione la Commissione dice di voler tenere conto dell'opinione del Consiglio federale, vale a dire del governo svizzero che in occasione del referendum ha esortato la popolazione a votare no.

Sono circa 400mila gli svizzeri che vivono in uno dei 28 paesi dell'Unione (molti con la doppia nazionalità), mentre i cittadini europei in Svizzera sono un milione. Il ministro delle Giustizia Simonetta Sommaruga ha detto che il testo approvato dagli elettori sarà messo in pratica "rapidamente e di maniera consequente". Al tempo stesso, il Consiglio federale ha tre anni per introdurre nella sua legislazione l'esito del referendum e rinegoziare i trattati internazionali che vi dipendono.

Si apre quindi una partita negoziale, prima di tutto a Berna che dovrà trovare tra i partiti nazionali una posizione negoziale da usare con Bruxelles. L'associazione imprenditoriale svizzera Economiesuisse ha spiegato che chiederà al governo di adottare "in modo misurato" l'esito del referendum. Per certi versi, la Ue ha il coltello dalla parte del manico. Bruxelles può mettere sul tavolo i tanti altri trattati bilaterali che legano la Confederazione svizzera e l'Unione europea.

In un momento di negoziato in ambito fiscale ciò può essere utile. Bruxelles e Berna stanno negoziando un accordo sullo scambio delle informazioni bancarie, mentre con Roma la Svizzera sta trattando un'intesa per il rientro dei capitali in Italia. Gli europei potranno in questa circostanza ricordare agli svizzeri che l'isolamento non è la soluzione. Nessuno, né a Bruxelles né a Berna, ignora poi che la confederazione ha bisogno di manodopera straniera e che la Ue è il primo partner commerciale della Svizzera.

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