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Questo articolo è stato pubblicato il 10 febbraio 2014 alle ore 08:04.
L'ultima modifica è del 10 febbraio 2014 alle ore 10:23.

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E dire che aveva già prenotato i biglietti di ritorno per sabato, il Banco di Sardegna. E invece, a casa, i ragazzi di Meo Sacchetti a casa ci tornano con un paio di giorni di ritardo, e soprattutto con la Coppa Italia, la prima nella storia del club sardo, da mettere in bacheca. Successo strameritato, quello dei biancoblu, e non solo per il colpaccio messo a segno già venerdi sera, quando hanno messo al tappeto la strafavorita Milano.

Difficile, dopo quel successo, recuperare energie psicofisiche e lucidità per superare in semifinale una Reggio Emilia condizionata da pesanti assenze, certo, ma che proprio grazie alla testa sgombra di responsabilità aveva fatto fuori a sorpresa Cantù. E poi, in finale, aver di fronte la storia di Siena (da un quinquennio detentrice del trofeo) poteva far tremare le gambe a chi si trovava ad appena 40 minuti da un sogno.
Niente di tutto questo, invece, in casa "Banco". Merito principalmente del timoniere, quel Meo Sacchetti che da settimane si tormenta per ritrovare la "sua" Sassari, quella che cerca di segnare sempre un punto in più dell'avversario (piuttosto che farne segnare uno in meno…) ma che finora non era riuscita a ricreare quel pur precario equilibrio che l'anno scorso ne aveva fatto una creatura sì fragile, ma spesso bellissima.

Operazione difficile, quella di Sacchetti, che ha richiesto operazioni di certo non indolori: il taglio del "big man" sottocanestro, il deludente Linton Johnson, per il "cavallo di ritorno" Gordon, lungo ancor più dinamico; il recupero fisico di Travis Diener, provato da infortuni e dall'estate trascorsa in azzurro, oltre che alle prese con una difficile convivenza tattica con Marques Green (uno che la Coppa l'aveva sollevata al cielo anche con Avellino, in un trionfo altrettanto storico). E che i lavori siano ancora in corso lo testimonia l'arrivo di Eze sotto le plance, per provare a dare consistenza a una fase difensiva tutt'altro che ermetica….
Di fatto però, l'alambicco di Sacchetti ha prodotto nel momento giusto la pozione magica per arrivare alla Coppa. Certo, le Final Eight non sono il campionato: la formula aiuta una squadra che, come Sassari, vive di fiammate di qualità sopraffina (splendidi i cugini Diener e l'intenso Calebb Green); ma Meo è stato bravo a risvegliare l'orgoglio dei suoi nel momento opportuno, nel "liberare" l'area pitturata col sacrificio di Johnson per restituire all'attacco il dinamismo perduto, nel rischiare (quando possibile) anche la convivenza sul parquet di una coppia, come quella formata da Travis Diener e Marques Green,spesso difensivamente più che azzardata.

Il resto? Con Milano dietro la lavagna a meditare sul suo (ennesimo) passo falso, la Siena di Crespi fa il pieno d'applausi per mentalità e abnegazione, così come la Reggio Emilia dei giovani (sperando che lo stesso spazio lo abbiano ora in campionato quando il roster tornerà al completo…); hanno lottato anche Venezia e Brindisi, che più di altri ha pagato le assenze eccellenti, mentre a meditare su errori e attitudine restano Cantù e Roma, seconde solo all'Olimpia nella classifica delle delusioni.

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