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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2014 alle ore 06:41.

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BRUXELLES.
Marco Ludovico
ROMA.
La decisione della procura indiana di giudicare i due fucilieri di marina italiani, bloccati nel Paese asiatico da due anni, usando le leggi contro la pirateria e il terrorismo, ha indotto l'Unione europea a un salto di qualità nel suo sostegno al governo italiano in questa vicenda. L'Alto Rappresentante per la Politica Estera e per la Sicurezza, Catherine Ashton, ha detto ieri di essere «preoccupata» dalle «enormi implicazioni» che la scelta indiana potrebbe avere.
«Ho detto alla mia amica Emma Bonino, al governo italiano e ai Paesi dell'Unione europea che noi rimaniamo al fianco dell'Italia» perché «due anni è un periodo molto lungo per decidere» il capo d'accusa, ha detto la signora Ashton al termine di un Consiglio dei ministri degli Esteri qui a Bruxelles.
L'Alto Rappresentante si è detta «molto preoccupata» per le «enormi implicazioni» che il reato di terrorismo avrebbe «per l'Italia e per tutti i paesi coinvolti in operazioni anti pirateria».
La vicenda risale al febbraio 2012. I due soldati italiani sono accusati dalla magistratura indiana di avere ucciso due pescatori indiani durante una missione di pattugliamento anti-pirateria al largo delle coste del Kerala. Sul caso vi sono versioni discordanti. Secondo le autorità italiane, la vicenda dovrebbe essere gestita secondo le regole del diritto internazionale, mentre agli occhi di New Delhi, siccome l'incidente è avvenuto in acque contigue alle coste indiane, vale la legge indiana.
La scelta della procura indiana cambia le prospettive anche da un punto di vista europeo. Giudicare i due fucilieri di marina secondo le leggi contro la pirateria e il terrorismo significa mettere potenzialmente in pericolo anche altri militari europei partecipanti all'operazione Atalanta, di controllo delle coste tra l'India e l'Africa. Lo spiegamento di forze prevede la partecipazione di 1.200 persone distribuite su 4-7 navi da combattimento e 2-4 velivoli di ricognizione.
La decisione della procura indiana, che ha precisato di non volere chiedere la pena di morte per i due militari italiani, non è definitiva. Sarà valutata il prossimo 18 febbraio dalla Corte suprema a New Delhi. È anche per questo che ieri la signora Ashton ha preferito non prendere una posizione ancora più netta. L'Alto Rappresentante ha però sottolineato che l'Europa vuole una soluzione «rapida e chiara» lamentando il fatto che i due fucilieri di marina sono bloccati in India da due anni.
Da Roma, il premier Enrico Letta ha definito ieri l'imputazione indiana «inaccettabile (…) assolutamente sproporzionata». In una nota Palazzo Chigi ha osservato che il capo d'accusa «assimila l'incidente a un atto di terrorismo». Qualora la tesi dell'accusa «fosse convalidata dalla Corte suprema» provocherebbe «ripercussioni negative anche sulla lotta globale contro la pirateria». Oggi si riuniscono le commissioni Esteri e Difesa per ascoltare sulla vicenda Emma Bonino. Sempre ieri intanto è scoppiata una polemica tra due ministri del governo Monti, Giulio Terzi (Esteri) e Corrado Passera (Sviluppo Economico). La decisione del 2013 di rimandare in India i due militari «fu un vergognoso errore di Monti su istigazione di Passera» ha detto Terzi: una scelta «avallata sulla base di considerazioni economiche, addotte sia da Monti che da Passera e motivata con il danno che le imprese italiane avrebbero avuto con l'India se i due fucilieri fossero rimasti in Italia».
Alla presa di posizione di Terzi ha reagito lo stesso Passera: «Dopo aver ottenuto dalle autorità indiane il rientro dei nostri fucilieri, sulla base di un formale impegno al loro ritorno in India, l'allora ministro degli Esteri cercò di impedire che rientrassero nelle scadenze concordate, venendo così clamorosamente meno alla parola data». Ormai la lunga vicenda, oltre a complicare i rapporti italiani con l'India, contribuisce alla litigiosità della politica italiana.
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LE PRESSIONI POSSIBILI IN AMBITO INTERNAZIONALE
Azioni in sede Onu
Il ricorso alle Nazioni Unite è «una strada eventuale», ha affermato il ministro degli Esteri Emma Bonino. Per via "giudiziaria", l'Italia potrebbe ricorrere al Tribunale internazionale per il diritto del mare, con sede ad Amburgo, oppure alla Corte di giustizia internazionale dell'Onu, con sede all'Aja, che dirime le controversie tra Stati
Sempre in ambito Onu, l'Italia potrebbe anche opporsi a una riforma del Consiglio di sicurezza dove l'India preme per ottenere un seggio permanente
Ritiro dalle operazioni Nato
Un'altra ipotesi, avanzata nei giorni scorsi dal ministro della Difesa Mario Mauro, è quella di ritirare i militari italiani dalle operazioni internazionali antipirateria, come quella della Nato, Ocean Shield, o europea, Atlanta

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