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Questo articolo è stato pubblicato il 12 febbraio 2014 alle ore 14:12.
L'ultima modifica è del 12 febbraio 2014 alle ore 16:15.

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(Ap/LaPresse)(Ap/LaPresse)

Due ore di colloquio tesissimo a Palazzo Chigi non sono riuscite a sciogliere il gelo tra Enrico Letta e Matteo Renzi. Il passaggio morbido del testimone di Palazzo Chigi dal primo al secondo – come pure aveva auspicato anche il Capo dello Stato invitando i due leader a vedersi e ad accordarsi – ancora non si vede. «Dopo l'incontro ognuno è rimasto sulle sue posizioni», fanno prontamente sapere i collaboratori del premier.

Letta nel pomeriggio, intorno alle 18, terrà una conferenza stampa a Palazzo Chigi in cui dirà che è intenzionato ad «andare avanti» e presenterà l'ormai famoso patto di coalizione "Impegno Italia" con le misure per agganciare la ripresa economica, dal cuneo fiscale agli incentivi per l'assunzione di giovani e per favorire gli investimenti fino a un corposo piano anticorruzione. Il premier vuole che siano i partiti che finora hanno sostenuto il suo governo, ossia il suo Pd, il Nuovocentrodestra di Angelino Alfano e Scelta civica, a dirgli sì o no: «Ognuno si deve prendere le proprie responsabilità davanti all'opinione pubblica e al Paese».

Letta vuole insomma andare fino in fondo, anche se al momento non pensa a un voto in Parlamento per farsi sfiduciare come fece Romano Prodi nel 1998. I pontieri, a cominciare da un attivissimo Dario Franceschini, sono al lavoro per evitare lo scontro fratricida nella direzione convocata per domani. La speranza è di chiudere il caso stasera, magari con una salita al Colle di Letta per rassegnare l'incarico nelle mani del Capo dello Stato aprendo così una crisi formale, arrivando all'appuntamento con la direzione con una sola opzione. Ma Letta, appunto, amareggiato e deluso da quello che considera un vero e proprio tradimento, per ora non ha nessuna intenzione di mollare.

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