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Questo articolo è stato pubblicato il 13 febbraio 2014 alle ore 13:29.
L'ultima modifica è del 13 febbraio 2014 alle ore 13:33.

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Non un grido d'allarme. Non solo. Ma rabbia, richiesta di cambiamento e protesta contro quella che il presidente degli industriale Giorgio Squinzi definisce "una cultura antindustriale che caratterizza il paese". "Amo l'Italia, ma basta" e' il claim lanciato dagli industriali piemontesi, riuniti nel centro congressi dell'Unione industriale di Torino alla presenza del presidente di Confindustria Squinzi, lanciano l'iniziativa della "marcia" virtuale dei 40mila attraverso il portale ripresaimpresa.it.

"Dateci un paese normale - dice Squinzi - e vi faremo vedere di che cosa siamo capaci". Che riprende i punti fondamentali del manifesto per la competitivita' presentato un anno fa. Taglio drastico dei costi produttivi, taglio del cuneo fiscale, stabilizzazione delle risorse per i salari di produttivita', maggiore liquidita', rilancio degli investimenti in ricerca, con imposta di credito allargate, e degli investimenti per beni strumentali.

"Non c'e' ripresa senza impresa" ribadisce la presidente degli industriali di Torino Licia Mattioli. E la sensazione e' che si siano abbandonati i toni pacati del passato. L'impresa e' in trincea, aggiuge la Mattioli, in un paese che ha perso il 25 per cento della produzione industriale e il 9 per cento di pil. Che per Torino si traduce in 7 miliardi di prodotto interno lordo persi dal 2008.

Parla di una regione manifatturiera colpita duramente dalla crisi, piu' di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, il presidente di Confindustria Piemonte Gianfranco Carbonato. "Abbiamo perso oltre 11 punti di Pil, oltre 12 miliardi, con 632 milioni di ore di cassa integrazione fatte e un tasso di disoccupazione piu' che raddoppiato, al 10,". Parla a nome delle 5.914 imprese del sistema confindustriale, Carbonato, "ma vogliamo rappresentare l'interesse dei nostri 273mila dipendenti". Il Piemonte ha fatto peggio, nonostante l'export e gli investimenti al 2 per cento per la ricerca, "perche' e' forte l'incidenza sul Pil della manifattura e della produzione di beni strumentali". Un'inezia, aggiunge Carbonato, le risorse destinate alle nuova Sabatini. "191 milioni in sette anni, 7,5 milioni nel 2014, servirebbe una misura 10 volte piu' grande".

Parla di ritardi nei pagamenti la presidente degli industriali di Asti. "Qui il problema e' che si fallisce per troppo crediti e non per debiti mentre da Ivrea Fabrizio Gea parla di una difficile convivenza tra la difficolta' quotidiana di imprese e lavoratori e "la mancanza di visione di chi governa e l'incapacita' anche di piccoli cambiamenti". Pesa la mancanza di certezza del diritto, sottolinea tra gli applausi Franco Biraghi, a capo degli industriali di Cuneo. "Qui sindaci, amministratori e imprenditori rischiano il penale per svolgere il proprio lavoro. Se potessimo mettere le ruote sotto i nostri stabilimenti li porteremmo via". Da Novara, provincia che meglio di altre ha retto l'urto, il presidente Ravanelli parla di Irap, di gettito aumentato dell'11 per cento in fase di crisi. "Una vera e propria spremitura".

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