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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2014 alle ore 08:17.

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BRUXELLES. Dal nostro corrispondente
I ministri delle Finanze dell'Unione discuteranno martedì di un nuovo mandato da affidare alla presidenza greca, impegnata nelle difficili trattative con il Parlamento europeo su un meccanismo unico di gestione delle crisi bancarie. L'obiettivo è di offrire ai negoziatori greci maggiore margine di manovra per venire incontro all'assemblea di Strasburgo. Alcuni Paesi, tuttavia, continuano a bloccare l'idea di garantire al fondo di risoluzione un paracadute finanziario.
Le trattative sulla nascita di un nuovo meccanismo di gestione delle crisi bancarie viaggiano in questo momento su due binari paralleli. Da un lato, i Paesi stanno mettendo a punto un trattato internazionale che dovrà servire alla nascita di un fondo di risoluzione. Dall'altro, il Consiglio sta negoziando con il Parlamento la creazione della nuova istituzione che dovrà servire a gestire il fallimento o la ristrutturazione degli istituti di credito in difficoltà. L'obiettivo è di chiudere entro aprile, prima del voto europeo.
Il Parlamento è contrario alla nascita del fondo attraverso un trattato perché lo considera una violazione della procedura di codecisione. Un compromesso, tuttavia, sembra apparire all'orizzonte. I deputati potrebbero accettare l'accordo intergovernativo, in cambio di una accelerazione dei tempi di mutualizzazione delle risorse del fondo. «Abbiamo chiesto ai nostri partner di ampliare il mandato negoziale per meglio trattare con il Parlamento», spiegava ieri un diplomatico greco.
I rappresentanti permanenti dei Ventotto hanno tenuto due giorni fa una riunione preparatoria del prossimo Ecofin in cui hanno discusso proprio di questo aspetto. «Alla riunione dei rappresentanti permanenti c'era una ampia maggioranza a favore di una revisione del mandato - spiegava ieri il diplomatico greco -. Tutti i 28 Paesi capiscono che dovranno fare uno sforzo per avvicinare le posizioni, ma non è sempre facile. Il nostro obiettivo è di avere all'Ecofin una conversazione aperta e chiara».
Sono emersi nodi non facili da risolvere. Alcuni dei quali riguardano Parlamento e Consiglio; altri invece dividono i governi nazionali. Vi sono alcuni Paesi, tra cui la Germania, che non vogliono in questo momento sentir parlare di una accelerazione da 10 a 5 anni della mutualizzazione delle risorse messe in comune e neppure dell'uso del Meccanismo europeo di stabilità per garantire un paracadute finanziario al fondo di risoluzione nella sua fase transitoria o definitiva.
La presidenza greca vuole che i ministri discutano oltre che del paracadute finanziario anche dei seguenti temi: la reale portata del trattato internazionale; il processo decisionale nel nuovo meccanismo unico di gestione delle crisi bancarie e in particolare se il potere di obiezione del Consiglio debba essere limitato; l'influenza delle autorità nazionali nei casi in cui a essere coinvolte sono le banche più piccole; e infine il ruolo della Banca centrale europea nel definire una banca in crisi.
L'impressione di molti diplomatici è che per ora i Paesi contrari a una rapida mutualizzazione del fondo di risoluzione non siano ancora pronti a cambiare posizione. Una riunione tra ministri sul trattato intergovernativo è prevista lunedì sera. «I tedeschi sono molto guardinghi - spiegava nei giorni scorsi un negoziatore -. È probabile che vi siano anche nel governo Merkel differenze tra socialdemocratici e democristiani sulla questione, ma per ora la posizione tedesca non è ancora giunta a maturazione».
L'altro argomento spinoso, vale a dire la presenza di un paracadute finanziario da associare al fondo di risoluzione, sembra ancor più controverso. Tuttavia, ieri, un diplomatico faceva notare che la recente esortazione del presidente della Bce Mario Draghi di assicurare una garanzia pubblica al braccio finanziario del meccanismo unico di gestione delle crisi bancarie non ha lasciato indifferenti i governi nazionali: «Se ne è parlato molto nelle ultime riunioni».
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