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Questo articolo è stato pubblicato il 17 febbraio 2014 alle ore 09:17.

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«Riforma del lavoro con maggiore flessibilità dei contratti, riduzione del cuneo fiscale anche prendendo le risorse in una maggiore tassazione delle rendite finanziarie, riforme istituzionali, lotta all'evasione fiscale e semplificazione della macchina dello Stato e della burocrazia. Ma soprattutto, rapidità e velocità nell'esecuzione dei provvedimenti che il governo deciderà di prendere». Sono queste le novità che gli investitori internazionali si attendono dal nuovo esecutivo che Matteo Renzi si appresta a guidare. O almeno, è questa la sintesi delle aspettative di mercato che fa Davide Serra, fondatore e ceo di Algebris Investments, investitore «vicino» a Renzi fin dai tempi della Leopolda, quando l'allora sindaco di Firenze progettava la scalata ai vertici del Pd e del governo.



Cosa si aspetta dal nuovo Governo del suo "amico" Renzi?
In dieci mesi il Governo guidato da Enrico Letta non è riuscito a dare risposte concrete alle tre-quattro riforme che aveva condiviso inizialmente con il Quirinale. Gli investitori, sia che comprino azioni sia che pensino a comprare aziende in Italia, sono stanchi e stufi solo di analisi e chiedono fatti. Da Renzi, prima ancora delle varie riforme, ci si aspetta una vera capacità di "execution". Poche chiacchiere e molti fatti. Questa sarebbe e, credo che sarà, la prima vera svolta.
Nel concreto, quali riforme si attende nei primi cento giorni del Governo Renzi?
Conosco e stimo Renzi ma sia chiaro che non parlo a nome suo, ma solo mio. Credo che la priorità del Paese sia ridare fiducia all'economia e creare nuovi posti di lavoro. Renzi ha ben chiaro in testa che questo non si può fare con un allargamento della macchina dello Stato. I posti di lavoro li creano le imprese. Per agevolarle, servono almeno tre grandi riforme: lavoro, fisco e semplificazione della burocrazia.
Cosa dovrebbe essere fatto sul mercato del lavoro?
C'è bisogno di un intervento veloce. Un'idea potrebbe essere quella di replicare in Italia quanto fatto dalla Spagna negli ultimi anni, con una riforma che ha dato grande flessibilità in entrata e in uscita. I risultati già di vedono: si stanno creando nuovi posti di lavoro e, per fare solo un esempio recente, grandi gruppi industriali come Nissan hanno deciso di trasferire in Spagna produzioni che finora venivano fatte in Inghilterra.
I sindacati obiettano: non possiamo trasferire in Italia condizioni di lavoro che vanno bene nei Paesi dell'est-Europa...
Io rispondo così: la Polonia e altri Paesi di quell'area stanno facendo concorrenza all'Italia. Non possiamo scegliere i nostri concorrenti. Dobbiamo rispondere a chi la sfida ce l'ha già lanciata da tempo.
E sul fronte fiscale cosa può fare Renzi? Alzerà la tassazione sulle rendite finanziarie?
Da investitore credo che sia necessario. E non è un paradosso. Se l'obiettivo è la crescita economica, è inaccettabile che un Paese tassi al 20% le rendite finanziarie mentre il lavoro è tassato al 45% e le imprese al 60%. E' urgente riequilibrare il peso del fisco a favore delle attività produttive. Ed è indispensabile ridurre il cuneo fiscale. Bisogna essere determinati anche nella lotta all'evasione fiscale, basta confrontare le dichiarazioni dei redditi degli ultimi anni con il livello di patrimonio di cui si dispone, quando i conti non tornano si chiedono le opportune spiegazioni.
E le altre riforme?
Per riacquistare definitivamente credibilità all'estero servono anche le riforme istituzionali, a partire da una nuova legge elettorale che dia certezze sulla capacità del sistema di gestire anche le fasi di crisi. E una riforma della macchina dello Stato, che intacchi gli sprechi della burocrazia e che semplifichi i vari livelli decisionali della pubblica amministrazione.
Le privatizzazioni appena «abbozzate» andranno avanti?
Le privatizzazioni in sè sono positive, se accompagnate da reali liberalizzazioni del mercato. Vanno bene se lo Stato cede più del 50% e se non si fanno regali a singoli soggetti privati. Evitiamo che si ripeta la vicenda Telecom Italia.
Sarebbe disponibile per un ruolo al governo?
Con le mie competenze posso aiutare di più l'Italia facendo il mio mestiere a Londra che il ministro a Roma. Continuerò sempre a dare il mio contributo da privato cittadino.
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Dove lavora
Davide Serra, 42 anni, è fondatore e Ceo di Algebris, boutique di asset management specializzata nel settore finanziario nata nel 2006. È presidente della fondazione benefica Hakuna Matata
I riconoscimenti in carriera
Dal 2001 al 2006 lavora a Morgan Stanley. Nel 2003 e nel 2004 è riconosciuto da Extel migliore analista nel settore bancario europeo. Il suo team ha vinto, nel 2003 e nel 2004, il premio come miglior team di analisi di Banche europee.
La formazione
Si è laureato con lode alla Bocconi e ha conseguito un master «CEMS», completando gli studi in Francia (HEC), Belgio (UCLN) e Norvegia.

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