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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2014 alle ore 06:41.

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ROMA
«Per quel che mi riguarda assicuro il signor Presidente e le forze politiche che metterò il coraggio, l'impegno, l'energia e l'entusiasmo di cui sono capace». L'aria di chi, giunto alla meta, vede profilarsi una lunga sequenza di tornanti in salita, Matteo Renzi è insolitamente serio – quasi teso e preoccupato – quando prende la parola nella sala stampa del Quirinale dopo quasi un'ora e mezza di colloquio con Giorgio Napolitano. È ormai presidente del Consiglio incaricato e scioglierà la riserva nei prossimi giorni se tutto andrà come deve: nel suo entourage danno un'agenda di massima che prevede consultazioni formali per mettere a punto programma di governo e contenuti, durante le quali Renzi sarà accompagnato dal ministro uscente Graziano Delrio, per oggi e mercoledì (l'incontro con il Ncd di Angelino Alfano ci sarà stasera alle 19); giovedì e venerdì saranno dedicati alla squadra di governo; probabile giuramento sabato; fiducia delle Camere all'inizio della prossima settimana.
Lo stesso Renzi dice ai giornalisti accorsi a seguire l'evento – dal suo ingresso al Quirinale a bordo di una Giulietta bianca con al fianco il portavoce Filippo Sensi fino alla comunicazione alla stampa – che si prenderà tutto il tempo che occorre. «State scrivendo cose complicate sui nomi e sulle mie vicende personali, e mi sono venuto a noia da solo – scherza Renzi per stemperare un po' la tensione –. L'attenzione è sui contenuti e l'orizzonte di legislatura necessita di un qualche giorno di tempo». Ed eccolo, un primo accenno di programma, una vera e propria road map dei primi 100 giorni: «Entro febbraio compiremo un lavoro urgente sulle riforme costituzionali ed elettorale da portare all'attenzione del Parlamento – dice –. Subito dopo, nel mese di marzo, la riforma del lavoro, in aprile la riforma della pubblica amministrazione e in maggio quella del fisco». Una riforma al mese, dunque. Sembra che Renzi abbia già in mente di attraversare in lungo e largo il Paese per spiegare nelle città il suo programma choc. Poi il primo banco di prova con le elezioni europee del 25 maggio, la verifica di quel consenso che spera di aver nel frattempo maturato per il suo Pd.
Ma ancor prima del programma va composta la squadra di governo. Di certo se ne è discusso con il Capo dello Stato, che ha ricordato l'importanza di una figura autorevole in Europa e al contempo politicamente forte per il dicastero chiave dell'Economia. Per questo si è fatto in ambienti parlamentari il nome di Romano Prodi, che però ha declinato, e di Piero Fassino, così come è circolato il nome dello stesso Delrio. Ma il rebus è lungi dall'essere risolto. Per lo Sviluppo economico, dopo il no di Andrea Guerra, si fa il nome di Giampaolo Galli mentre spunta una new entry: Guido Barilla, che ieri ha parlato di Renzi come di un uomo dall'«energia rivoluzionaria». Altra delicata casella è quella della Giustizia: in pole Livia Pomodoro e Guido Calvi. Per il Lavoro resta in campo Tito Boeri, ma si fanno anche i nomi di Pietro Ichino e Guglielmo Epifani. Quanto al ministero della discordia, il Viminale, sembra che nelle ultime ore Renzi si stia rassegnando a lasciarlo ad Alfano (anche se in ambienti parlamentari in serata è circolato il nome dell'ex capo della Polizia Gianni De Gennaro per gli Interni). Per Dario Franceschini, di conseguenza, la destinazione è quella della Cultura. Alfano in questo caso non sarebbe più vicepremier, figura che Renzi vuole abolire. Vice di fatto sarà Delrio, come sottosegretario alla Presidenza con profilo molto politico.
«È stata una giornata molto positiva», diceva in serata Renzi ai suoi mentre rientrava a Roma dopo aver tenuto a Firenze il suo ultimo discorso davanti al consiglio comunale prima di passare il testimone a Dario Nardella, nominato proprio ieri vicesindaco. Un discorso, quello fiorentino, in cui Renzi è apparso commosso in più punti. Quasi un saluto al se stesso conosciuto fin qui, ora che si accinge a varcare la soglia del vero "palazzo": «Fare politica non è qualcosa di sporco, di brutto o da evitare, è corrispondente ai sogni delle persone». Nel suo primo giorno da premier incaricato Renzi incassa poi l'endorsement di un politico del calibro di Tony Blair, che molti vedono come suo "modello": «I leader europei dovrebbero sostenere compatti Matteo – ha detto l'ex premier britannico –. Le sfide sono assolutamente formidabili, ma Matteo ha il dinamismo, la creatività e la forza per farcela».

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