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Questo articolo è stato pubblicato il 19 febbraio 2014 alle ore 23:04.
L'ultima modifica è del 20 febbraio 2014 alle ore 08:38.

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NEW YORK - Un attacco, o una garanzia? Per ora le anticipazioni raccolte a Wall Street, secondo cui il miliardario messicano Carlos Slim avrebbe deciso di esercitare un'opzione e passare da quasi il 10% al 19% del pacchetto azionario del New York Times, sono considerate una buona notizia per la famiglia Sulzberger, che controlla solidamente il grande quotidiano americano e globale. Può sembrare ironico - un segno dei tempi - che si discuta di questa ipotesi proprio nel giorno in cui il Presidente americano Barack Obama si trova a Mexico City per celebrare i 20 anni degli accordi del Nafta, che hanno creato un mercato unico fra Stati Uniti Messico e Canada.

Ma al di là degli aspetti simbolici che vedono cadere in rapida successione le connotazioni strettamente nazionali delle partecipazioni economiche, la notizia di oggi ha soprattutto valenza per il settore dei media tradizionali. Se il New York Times non è arrivato all'ultima spiaggia, come è successo al Washington Post, dopo che la famiglia Graham, proprietaria storica del gruppo, ha venduto al fondatore di Amazon Jeff Bezos, l'ipotesi di questo aumento della partecipazione conferma una tendenza: i gruppi tradizionali da soli non ce la fanno, hanno bisogno di un solido appoggio per superare la transizione e lo sconquasso inziato con gli attacchi d Google, Facebook ed altri al mercato pubblicitario e a quello dell'audience.

È anche molto interessante come modello che una società quotata in borsa come il New York Times poggi in realtà le chance per il successo nei prossimi decenni su due famiglie, quella appunto di Slim che fa da garante finanziario per l'autonomia e la tranquillità del giornale e quella dei Sulzberger, che fa da garante editoriale per la qualità, la visione, la cura della copertura dei principali eventi giornalistici mondiali e nazionali.

Il quotidiano newyorchese infatti ha mantenuto integro il suo metodo di lavoro, che prevede ricerche accurate, conferme da parte delle fonti, investimento di tempo e danaro nella preparazione di un singolo articolo o di una inchiesta. Il metodo parte soprattutto "dall'alto", "anticipa" l'identificazione delle tematiche importanti piuttosto che andare al traino dell'audience; determina con le "sue" scelte cosa è importante sapere e dibattere e si affida sempre al rigore. Un approccio generalmente molto diverso da quello dei siti internet che privilegiano il chiaccericcio, il pettegolezzo, la fretta e la dietrologia, di più facile "appeal" per un grande pubblico rispetto all'analisi e all'approfondimento. Come disse tempo fa Steve Jobs, quando riconobbe la superiorità del metodo tradizionale «il giornalismo serio e dettagliato dei grandi giornali come il New York Times o il Washington Posto o il Wall Street Journal è chiave per la stabilità e per il benessere della nostra democrazia». Ma il modo tradizionale di fare giornalismo è costoso. Ecco dunque, già alcuni anni fa, un esempio di risposta di compromesso alla necessità di raccogliere capitali freschi, l'alleanza fra Carlos Slim e i Sulzberger.

Secondo le indiscrezioni di mercoledi, il magnate messicano a capo di America Movil, il più grande operatore di telefonia mobile dell'America Latina, avrebbe deciso di esercitare warrant per l'acquisto di 15,9 milioni di azioni a 6,36 dollari, meno della metà del loro valore alla chiusura di borsa di ieri, pari a 14,79 dollari.

Certamente un affarone dal punto di vista finanziario, ma anche la conferma che il gruppo editoriale americano, ridotto malissimo alcuni anni fa, si è rimesso in piedi con un'aggressiva strategia di vendite a pagamento su Internet per arginare il declino dell'introito pubblicitario, che mostra ricavi in calo da 13 trimestri di fila. C'è stato il mantenimento della distribuzione cartacea dopo un recupero di efficenza, con la vendita di attività non "core", con la fusione con l'Herald Tribune (che si chiama ora New York Times International), un primo esempio di quotidiano globale e con una riduzione dei costi che ha penalizzato solo minimamente la forza lavoro giornalistica, giudicata chiave per la tenuta della credibilità del giornale. Una decisione,quella di Slim, che diventa anche un voto di fiducia nel management della società.

Il miliardario 74enne messicano aveva ottenuto i warrant nel 2009 come parte di una accordo per concedere al Nyt un prestito da 250 milioni di dollari, restituiti dal Times nel 2011 con un premio del 12%. Quei warrant oggi valgono 134 milioni. Slim, il secondo maggiore azionista del gruppo editoriale con sede sull'Ottava Avenue e la Quarantesima, a Manhattan un grattacielo costruito da Renzo Piano, salirebbe così dall'attuale 8% - quota da 176 milioni di dollari - al 19%. Se i warrant verranno esercitati entro la scadenza fissata al 15 gennaio 2015, Slim non avrà comunque alcuna chance di tentare un takeover del gruppo Times, che resta ben protetto grazie alla diritti di voto controllati in larga maggioranza dalla famiglia Sulzberger.

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