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Questo articolo è stato pubblicato il 19 febbraio 2014 alle ore 11:36.
L'ultima modifica è del 19 febbraio 2014 alle ore 18:20.

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Non ci sono soltanto i protagonisti dei serial crimes americani dove eleganti avvocati e abili poliziotti sfoggiano le loro doti investigative nello scovare i colpevoli di fatti cruenti o nel combattere il crimine organizzato. La realtà non è meno cruenta e a farsi strada oggi è il crimine economico, alimentato dai colletti bianchi, professionisti, occupati ad inseguire soldi, potere e successo. Bankitalia stima che quei colletti bianchi legati alle mafie gestiscano ogni anno in Italia un flusso di denaro sporco superiore al 10% del Pil. Un cancro dell'economia che colpisce anche gli Usa dove secondo le stime di diversi organismi internazionali (tra cui il Fmi) il flusso di denaro "oscuro" oscilla tra 600 e 1.500 miliardi di dollari.

Non sono estranee le aziende le quali, secondo l'ultimo rapporto Kroll, sono diventate sempre più vulnerabili a causa della crisi. Gli ultimi dati della settima edizione del Global Fraud Report realizzato in collaborazione con l'Economist Intelligence Unit sono allarmanti: il 71% delle imprese in Europa è stata vittima di frodi nel corso del 2013, una percentuale di poco superiore al trend globale che si ferma al 70%, ma sopra i dati del 2012 quando il fenomeno toccava il 61% delle imprese. Con la globalizzazione e l'espansione verso quei mercati esteri particolarmente laschi nei controlli, crescono i fenomeni corruttivi e il pagamento delle tangenti al punto da dissuadere gli investitori a fare business in queste aree in particolare in Africa, America Latina e India.

Dal settore industriale a quello finanziario il secondo più colpito dalle frodi dove pesano i fenomeni di riciclaggio (8%), i conflitti di interesse dei manager (26%) e soprattutto le truffe (29%) con un costo in termini di perdita di fatturato dell'1,5 per cento. E il motivo è per lo più individuato nella complessità delle infrastrutture dei sistemi informatici, al turnover dell'apparato dirigenziale e all'ingresso in nuovi mercati a rischio. Oltre alla crisi, ovviamente, che non consente di investire nella compliance e rende i budget sempre più limitati.

Furti di informazioni.Le nuovi frodi sono quelle legate al settore delle informazioni: nel 2013 più di una società su cinque ha subito furti di informazioni. Secondo l'indagine della Kroll, il livello di incidenza delle frodi è cresciuto sotto ogni punto di vista e le minacce sono più diversificate: le imprese colpite l'anno scorso sono state esposte in media a 2,3 diverse tipologie di frode ciascuna, contro l'1,9 del 2012.

I raggiri arrivano dall'interno. I dati rilevano che la minaccia principale rimane quella interna all'azienda: nel 32% dei casi il responsabile principale dei raggiri era un manager di primo o secondo livello. Nel 42% un neoassunto e nel 23 un agente o intermediario. «In Italia i dati sono in linea con quelli europei – spiega Marianna Vintiadis, country manager di Kroll per l'Italia -. Anche nel nostro Paese è sempre più frequente il fenomeno delle frodi perpetrate da personale interno all'azienda che nella maggior parte dei casi ricopre un ruolo di un certo livello».

«Il dato più allarmante non è semplicemente quello che mostra un incremento
generale delle frodi, ma l'impreparazione delle aziende che tendono a trascurare il
problema. Persino una volta colpite da episodi fraudolenti non sono in grado di
attivare una rete di tutela e prevenzione – aggiunge Vintiadis –. Sicuramente la crisi ha influito sulle capacità di spesa di molte imprese che non investono in compliance per correre ai ripari una volta subito il danno, mettendo a rischio il recupero di ciò che è stato sottratto».

@MaraMonti2

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