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Questo articolo è stato pubblicato il 19 febbraio 2014 alle ore 09:59.
L'ultima modifica è del 19 febbraio 2014 alle ore 15:06.

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Nouriel RoubiniNouriel Roubini

«È il momento di agire velocemente e di parlare di meno perché l'Italia è molto fragile, e Matteo Renzi è l'uomo giusto per fare questo. È un leader forte, ha visione, capacità, carisma e leadership per creare le condizioni politiche per attuare le riforme necessarie».

È così che Nouriel Roubini, famoso economista, professore alla New York University, dà al presidente del consiglio incaricato il peso di "game changer". In un'intervista al Sole 24 Ore, Roubini, definisce Renzi «giovane, dinamico, energetico, con buone idee, centrista, che può riuscire a creare una coalizione in grado di fare i cambiamenti radicali necessari all'Italia».

Nonostante le doti che Roubini riconosce a Renzi l'economista, conosciuto nel mondo con il nome di "Mr doctor Doom", ritiene però anche che una persona da sola non basti per fare tutto il lavoro sulle riforme: «serve coesione nella coalizione e serve un governo forte». Roubini, a Roma per un convegno sul futuro dell'Eurozona, secondo voci smentite da lui stesso, potrebbe incontrare ogg Renzi ed Enrico Letta.

Per Roubini non c'è un enorme divario tra il centrodestra e il centrosinistra sulle riforme necessarie all'Italia. La lista è lunga. E alla domanda da dove cominciare Roubini ha le idee chiare: «l'Italia ha bisogno di cambiare il sistema elettorale come prima riforma istituzionale, ma per quanto riguarda l'economia, l'Italia deve assolutamente aumentare la crescita potenziale e quindi la produttività. Per fare questo bisogna cominciare dalla riduzione del cuneo fiscale». Secondo l'economista l'Italia quest'anno dovrebbe crescere attorno allo 0,5%. Per Roubini «ogni euro risparmiato con la spending review deve andare alla riduzione del cuneo fiscale». In aggiunta, il mercato del lavoro «deve diventare più flessibile». Roubini ritiene che l'Italia abbia fatto progressi importanti sul rigore dei conti pubblici tenendo il deficit sotto il 3%, ma «il debito pubblico al 130% del Pil potrebbe salire ancora se non c'è una crescita sufficiente».

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