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Questo articolo è stato pubblicato il 20 febbraio 2014 alle ore 06:43.
L'ultima modifica è del 20 febbraio 2014 alle ore 11:48.

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Con tutto quello che spende per la formazione professionale, la Sicilia dovrebbe trovarsi in un regime di piena occupazione. Basta però scorrere l'elenco dei corsi finanziati dalla Regione per scoprire che siamo di fronte all'ennesima truffa. Ce ne sono per tutti i gusti: per motoseghisti e falegnami, per collaboratori familiari e camerieri ai piani, per operatori dell'abbronzatura e personal shopper, per web marketing e assistenti clown therapist, per esami di patente e tecniche di potatura, per alfabetizzazione linguistica e polizia giudiziaria.
Scopo di questa messinscena è distrarre ingenti flussi di spesa per gestirli privatamente in cambio di voti, denaro, potere. Tra formatori e dipendenti degli enti di formazione, il settore dà lavoro a 12-13mila persone, senza contare i 35mila iscritti ai corsi. Il Procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, parla di oltre 3 miliardi «dissipati tra il 2003 e il 2013» senza alcuna ricaduta sull'occupazione.
I destinatari di questa massa di denaro sono enti senza fini di lucro. In realtà è emerso che parecchi di questi enti sono riconducibili a parenti o fiduciari di esponenti politici siciliani. Dopo lo scandalo del Ciapi, che con la scusa di avviare al lavoro 1.500 disoccupati era diventato una mangiatoia per politici, le inchieste hanno imboccato varie direzioni. A Messina sono state arrestate la moglie di Francantonio Genovese, uno dei capi corrente del Pd, e quella dell'ex sindaco della città Giuseppe Buzzanca (Pdl). A Catania è stata scoperta un'associazione a delinquere per l'appropriazione e l'indebita percezione di contributi per la formazione. A Enna si sospetta che i corsi non siano stati nemmeno svolti. Per fondi elargiti illegittimamente, la Corte dei conti ha condannato l'ex assessore Mario Centorrino e il dirigente regionale Gedo Campo a risarcire all'amministrazione centinaia di migliaia di euro. E rinviata a giudizio dalla magistratura contabile, per presunto danno erariale, è l'ex direttrice del dipartimento Istruzione e Formazione, Patrizia Monterosso, attuale segretario generale della Regione, persona di fiducia del presidente Rosario Crocetta.
La musica è cambiata da quando alla guida dell'assessorato di Viale della Regione siciliana è salita Nelli Scilabra, giovane universitaria trentenne iscritta al Pd, formatasi nella rappresentanza studentesca del Senato accademico. Al primo segnale che la Scilabra era andata lì per fare sul serio, i vecchi marpioni della politica, di destra e di sinistra, le hanno aizzato contro i lavoratori della formazione. Ma lei non s'è lasciata intimidire. Ha trasferito una settantina di dipendenti dell'assessorato che avevano legami con vari enti. Quindi ha aperto gli armadi.
Dichiara: «Sono stata la prima a coinvolgere scuola, università, associazioni di categoria e parti sociali nell'elaborazione di un'offerta formativa per il mercato del lavoro. In precedenza la programmazione era delegata agli stessi enti».
La Scilabra ha cominciato dall'albo dei fornitori. Dice: «Erano sedici anni che non veniva aggiornato. Ho scoperto il numero degli operatori della formazione. Prima non si conosceva. Quelli censiti fino al 31 dicembre 2008 sono 8.300. La Puglia ne ha 800. Dopo quella data è stato varato il blocco delle assunzioni. Ma sono riusciti ad aggirare la norma con contratti a tempo determinato e a progetto». Morale: dal 2008 in poi sono entrate altre 4-5mila persone. In tutto fanno 12-13mila dipendenti.
Prosegue: «Fino a due mesi fa gli enti accreditati erano 2mila. Oggi hanno fatto domanda in 600 e dobbiamo verificare quanti di questi hanno i requisiti. Ora gli enti debbono avere sedi adeguate, pagare imposte e contributi, redigere il bilancio, sottoscrivere un patto di integrità con una clausola anticorruzione. E i loro responsabili non debbono avere rapporti di parentela con dipendenti dell'amministrazione».
I ladrocinii avvenivano con il sistema delle fatture gonfiate. L'amministrazione erogava in anticipo all'ente l'80% dell'importo richiesto, riservandosi i controlli al saldo. Solo che il saldo era rinviato sine die. Spiega la Scilabra: «Abbiamo trovato rendiconti che non venivano chiusi dal '98. Nel 2011 per legalizzare la truffa è stato inventato il costo standard. Da allora un ente riceve 129 euro per ogni ora di corso, indipendentemente dal costo reale sostenuto. Nel resto d'Italia il costo standard è di 80 euro. La novità che ho introdotto è l'obbligo di rendicontare comunque i 129 euro».
Forte del sostegno di Crocetta, la Scilabra ha portato scompiglio in questo mondo. Gli enti coinvolti nelle vicende giudiziarie, contro cui l'assessorato si è costituito parte civile nei processi, hanno avuto revocato l'accreditamento. Stessa sorte è toccata allo Ial, uno dei più grandi centri formativi siciliani, «che non riesce a giustificare 18 milioni per attività svolte nel 2011-12», dice l'assessore.
Il resto del lavoro dovrà farlo la Procura di Palermo, dove l'aggiunto Leonardo Agueci ha già composto un voluminoso dossier.
@giuseppeoddo24
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