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Questo articolo è stato pubblicato il 21 febbraio 2014 alle ore 14:22.

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I negoziati, durati tutta la notte sotto la mediazione europea, avrebbero dovuto condurre alla firma di un'intesa tra Viktor Yanukovich e l'opposizione. Ma un testo di accordo non c'è. Solo una dichiarazione unilaterale sul sito della presidenza in cui si annuncia l'avvio di un processo che invece di essere condiviso si articola nei tre passaggi previsti in prima persona: «Comunico che io avvierò il processo per arrivare a elezioni presidenziali anticipate. Io darò anche il via al ritorno alla Costituzione del 2004, ridistribuendo i poteri in direzione di una repubblica parlamentare. Io darò il via alla procedura per la formazione di un governo di unità nazionale». Nessuna firma, nessuna cerimonia, nessun annuncio congiunto. Le indiscrezioni sull'accordo circolate in precedenza disegnavano un calendario ben preciso: riduzione dei poteri di Yanukovich in 48 ore, governo di coalizione in 10 giorni, elezioni entro fine anno. Il testo sul sito della presidenza non contiene alcun cenno a queste date.

I tre leader dell'opposizione coinvolti nei negoziati - Vitaly Klitschko del partito Udar, Arseniy Yatsenyuk di Patria e il nazionalista Oleg Tyagnibok - non confermano l'intesa. Ma soprattutto, è la piazza a non essere convinta, e a non riconoscersi neppure in loro. Il "parlamento" del Maidan, la piazza dell'Indipendenza al centro della sollevazione contro Yanukovich, si è riunito per discutere che posizione prendere in un coffee bar del Kreschatik, la via commerciale che attraversa il centro di Kiev: fuori, una trentina di rappresentanti di "Alleanza democratica" hanno improvvisato una dimostrazione, tenendo in mano cartelli con scritto «Yanukovich si dimetta». «Nessuna elezione in dicembre - ha detto uno degli organizzatori, Igor Lutsenko - solo dimissioni immediate». L'accordo, sostiene Lutsenko, è da boicottare.
I mediatori europei sono consapevoli che la presenza di più interlocutori complica ulteriormente le cose. E che non basta parlare all'opposizione "ufficiale". L'Ucraina si trova «in un momento delicato», ammette il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski, a Kiev da giovedì insieme al francese Laurent Fabius e al tedesco Frank-Walter Steinmeier. Le loro consultazioni ora comprendono anche i rappresentanti della piazza, accampati da tre mesi sul Maidan. Dopo i massacri di martedì e giovedì, in cui a Kiev sono morte 100 persone, Yanukovich ancora non sembra pronto ad accogliere la richiesta principale dei dimostranti: uscire di scena. «La sfida - spiega Lilit Gevorgyan, senior analyst di Ihs Global Insight - è vendere l'accordo all'opposizione, soprattutto le frange più radicali».

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