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Questo articolo è stato pubblicato il 22 febbraio 2014 alle ore 08:16.

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di Alberto Negri
C'è un volto inquietante che rimane sempre un po' nascosto in questa rivolta, diventata una crisi internazionale dove in gioco non c'è soltanto il destino dell'Ucraina, «un pendolo che oscilla sempre tra Est e Ovest» come dice lo scrittore Andrei Kurkov, ma anche dell'Europa.


Maidan, un nome di origine araba che significa piazza, è diventata in questi mesi un campo di battaglia dell'ideologia e della manipolazione, sia da parte del governo-regime di Viktor Yanukovich che dell'opposizione. Il 27 gennaio scorso, nella settimana in cui si commemorava l'Olocausto e la liberazione di Auschwitz da parte dell'Armata Rossa, a Lviv si snodava una marcia di 15mila persone in ricordo di Stepan Bandera, il leader ucraino fascista che prima di scontrarsi con l'Armata Rossa sovietica collaborò con i nazisti nel massacro di 200mila ebrei durante la seconda guerra mondiale per poi scatenare la pulizia etnica contro i polacchi, uccidendone 90mila. Più o meno negli stessi giorni il capo del movimento dell'opposizione di destra Svoboda, Oleh Tyahnybok, sosteneva davanti alle telecamere che «una mafia ebraico-moscovita», teneva in pugno l'Ucraina.
A Maidan lo spaccato dei manifestanti è complesso, contraddittorio e di conseguenza anche le ragioni della protesta sono diverse. Studenti e giovani puntano all'Europa e ai diritti umani. La fascia più anziana sembra più preoccupata da questioni economiche, politiche e da un generale bisogno di normalità. E in piazza sono scesi anche reduci dell'Afghanistan ed ebrei, organizzati nei "sotnia", i gruppi di combattimento. Ma l'impressione è che dalla gabbia ucraina, insieme alle più che legittime proteste popolari contro il presidente e la sua cricca, sia uscita anche la tigre. L'ultima ondata di proteste ha toccato oltre a Kiev anche altre città dell'Ucraina dove la scena è in mano all'opposizione legata al blocco chiamato Settore di Destra (Pravyi Sektor). Qui si annida l'anima neonazista del movimento, composta da vari tasselli come le organizzazioni Tridente, Patriota dell'Ucraina, Martello bianco, l'Assemblea social-nazionale, la Una-Unso e altri. Tutti questi gruppi, che hanno contrastato efficamente le forze speciali del corpo di polizia Berkut, derivano la loro ideologia da movimenti filonazisti o di ispirazione iper-nazionalista. Ma per chi ha visto ricomparire durante le ultime guerre balcaniche gli ustascia croati e i cetnici serbi ereditati dalla seconda guerra mondiale questa non è una novità ma un monito. Yanukovich e i suoi hanno così avuto gioco facile a presentare l'opposizione, per screditarla in toto, come una cricca di fascisti e criminali, un metodo di propaganda neppure troppo sottile per tentare di legittimare un governo - e forse uno Stato - semi-fallito. Ma a sua volta il presidente ucraino si ispira a quel modello di Associazione euroasiatica proposto da Mosca in alternativa all'Unione europea che pretende di essere l'erede della storia sovietica, depurata dallo stalinismo, ma che usa metodi dittatoriali e tipici sostanzialmente del fascismo dell'Est.
In Ucraina oggi si aggira così una tigre a due teste che l'Europa e la Russia dovrebbero riportare alla svelta in gabbia, riconciliando il Paese prima che si spacchi inevitabilmente tra fazioni opposte.
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