Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 24 febbraio 2014 alle ore 17:08.
L'ultima modifica è del 24 febbraio 2014 alle ore 17:17.

My24

Tre morti tra ieri e oggi, centinaia di feriti e arrestati, agricoltori sulle barricate, il premier che lascia la capitale e un'economia sempre più in difficoltà. La crisi di Bangkok, cominciata quattro mesi fa, non fa che complicarsi. Al punto che i militari tornano a fare capolino, per assicurare tutti che non interverranno, ma soprattutto per battere un colpo.

Le violenze
Ieri, una bomba esplosa in una zona commerciale ha ucciso una donna e due bambini. Da novembre, quando le manifestazioni contro il primo ministro Yingluch Shinawatra sono iniziate, sono morte 21 persone e centinaia sono rimaste ferite. Le elezioni del 2 febbraio, anziché sciogliere i nodi della crisi, sembrano aver fatto salire di livello le violenze. In attesa che si possano ripetere le operazioni di voto nelle circoscrizioni dove sono state impedite dal boicottaggio dell'opposizione, il Paese resta con un Governo ad interim, che non può prendere decisioni importanti. Dovranno passare ancora mesi prima che possa insediarsi un Esecutivo nel pieno dei propri poteri.

Vuoto di potere
La stessa Shinawatra (accusata di essere un fantoccio del fratello Thaksin, che se ne servirebbe per guidare la Thailandia dal suo esilio di Dubai), dopo essersi rifugiata in un complesso militare a nord di Bangkok, da più di una settimana ha abbandonato del tutto la capitale. Così è arrivato l'altolà dei militari. Il Paese ha già vissuto 9 colpi di Stato dal 1946. L'esercito, che nel 2006 depose Thaksin dal Governo, finora è rimasto a guardare, richiamando di tanto in tanto le parti alla responsabilità. Come ha fatto di nuovo oggi il capo delle forze armate, Prayuth Chan-ocha, in un raro discorso alla televisione: i militari non hanno intenzione di intervenire, ha affermato, esortando Governo e manifestanti al dialogo. «Qualcuno - ha aggiunto - deve farsi carico della situazione, ma i soldati non possono muoversi se non all'interno della cornice legale».

La speculazione sul riso
Intanto le cose per Yingluch si fanno sempre più complicate. Giovedì affronterà l'accusa di impeachment avanzata dalla Commissione nazionale anticorruzione che la mette alla sbarra per i sussidi sul riso. Una vicenda, anche questa, dalle tinte quasi grottesche.
Dando seguito alle promesse fatte durante la campagna elettorale del 2011, appena insediata, il premier ha lanciato un programma di acquisto di riso dagli agricoltori del nord-est, da sempre riserva di voti della famiglia Thaksin, pagandolo dal 50 al 70% in più rispetto al valore di mercato. Il programma ha caricato il bilancio dello Stato di una spesa da 21 miliardi di dollari in tre anni ed è subito stato indicato dall'opposizione come la prova del disegno della famiglia Thaksin di corrompere la popolazione e comprarne il consenso.

Dal sostegno agli agricoltori poveri del Paese, il Governo è però rapidamente passato alla speculazione internazionale sull'alimento base dei diseredati di tutto il mondo. Anziché rivendere quanto acquistato, Bangkok ha deciso di immagazzinarlo per restringere l'offerta e far salire i prezzi, contando sul fatto che solo il 7% della produzione mondiale viene scambiata sui mercati mondiali. Proprio quando il Governo dava il via al suo piano, però, l'India ha ricominciato a esportare dopo una lunga pausa e forti importatori come le Filippine hanno aumentato la produzione interna. Invece di salire, i prezzi sono quindi scesi di quasi un quinto e la Thailandia è finita fuori mercato.

Le perdite potenziali sono stimate in 12 miliardi di dollari. Le esportazioni sono scese dai 10,65 milioni di tonnellate del 2011 ai 6,7 dell'anno scorso. Nei magazzini sono rimaste riserve di riso pari al 39% delle importazioni mondiali, secondo la Vietnam food association. Per esaurirle potrebbero volerci cinque anni, sempre che non si deteriorino nel frattempo.

Non basta: il Governo ora non ha più nemmeno i fondi per finire di pagare il riso già commissionato agli agricoltori, che a questo punto sono scesi anche loro in strada per protestare, trasformando in un boomerang per la Shinawatra quella che per l'opposizione è una mera compravendita di voti.

Ciliegina sulla torta, l'indagine della Commissione anticorruzione, che vuol vedere chiaro sul ruolo del premier nella vicenda e che potrebbe far scattare una procedura di impeachment.

Economia più povera, famiglie più indebitate
Un altro effetto del programma di sussidi, che terminerà questo mese, è stato quello di far salire consumi e debito delle famiglie. Ques'ultimo, nel 2013 è aumentato dell'8,7%, superando l'80% del Pil nel terzo trimestre, dal 55,6% del 2008. In Malesia e Singapore, Paesi con Pil pro-capite molto più alto di quello della Thailandia, il debito delle famiglie è rispettivamente pari all'86% e al 77% del Pil.

Lo stop ai pagamenti è destinato a peggiorare la situazione, perché se la somma complessiva che il Governo deve sborsare non è poi così alta, tuttavia colpisce milioni di famiglie a reddito basso, che dovranno indebitarsi ancora di più per far fronte alle spese quotidiane o alle rate dei tv color comprati quando le cose funzionavano.

La crisi politica ha già frenato la crescita del Paese ai minimi da due anni, fermandola al 2,9% nel 2013, dal 6,5% del 2012. E questo mentre Malesia e Filippine hanno chiuso l'anno con tassi di sviluppo superiori alle attese. Per il 2014, Bangkok ha già abbassato le previsioni di un punto percentuale, al 3-4%.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi