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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2014 alle ore 06:41.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 12:15.

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NEW YORK - Almeno una riforma importante prima dell'arrivo di Barack Obama a Roma, il 27 di marzo, fra poco più di un mese, meglio se di natura economica. È questo che ci si aspetta dal nuovo governo italiano alla Casa Bianca dopo l'insediamento del fine settimana e dopo le promesse convinte, ma non ancora convincenti del presidente del consiglio Matteo Renzi. A Washington non ci si vuole soffermare sulle questioni che hanno caratterizzato il dibattito italiano di questi giorni, polemiche su ministri inesperti ad esempio, o sulla retorica volitiva ma non necessariamente dettagliata del nuovo premier. Ma ci si aspetta qualche risultato importante in tempi brevi: «Iniziare bene è sempre una cosa positiva. Certamente ci sono aspettative molto alte che lui possa fare davvero la differenza e credo che la sua energia sarà ben ricevuta. Si vedrà dunque se sarà in grado di fare le riforme di cui parla in tempi relativamente brevi», dichiara Tony Podesta al Sole 24 Ore.

Podesta è un personaggio centrale nel crocevia politico ed economico della Capitale americana. Il fratello, a cui è molto legato, suo ex socio d'affari nell'agenzia di Lobby guidata da Tony è John Podesta, che ha incontrato più volte Renzi e che è oggi uno degli uomini più vicini a Obama alla Casa Bianca.

Anche un altro grande conoscitore d'Italia e d'Europa, Charles Kupchan batte sul tema economico: «gli Stati Uniti vedono nell'Italia un attore importante per superare il periodo dell'austerità e della crescita lenta e vedere l'economia europea tornare in vita. E i segni finora sono buoni, i mercati hanno reagito bene a questa transizione politica».

Ma come si intenderanno Obama e Renzi, molto diversi fra loro, sotto il profilo "chimico"? «La chimica è secondaria, Obama cercherà di stabilire subito un buon rapporto con Renzi, gli conviene. Del resto Obama ha già avuto rapporti stretti con Monti, con Letta ma soprattutto con Napolitano. Continuerà con Renzi: fra Washington e Roma la forza del rapporto non è seconda a nessuno in Europa» dice ancora Kupchan. E Podesta aggiunge: «Certamente Renzi non è simile per carattere a Obama come lo erano Monti o Letta, ma è conosciuto a Washington: non è questione di essere simili o no secondo me, ma di avere gli stessi obiettivi». Gli stessi obiettivi, almeno sulla carta, ci sono. Il rapporto fra Germania e Stati Uniti è su uno dei livelli più bassi degli ultimi anni per la divergenza centrale proprio sul fronte del rilancio dell'economia. Renzi da questo punto di vista si trova allineato con la posizione americana e può diventare un punto di riferimento: crescita prima di tutto, con misure accompagnate da riforme strutturali vere, attese da troppo tempo, deregolamentazione, riforme del mercato del lavoro riduzione della burocrazia etc. È questa l'unica vera miscela che interessa a Barack Obama. E che interessa i grandi gestori della finanza a New York. «C'è qualche elemento di similitudine con Obama, che da presidente ha sofferto per la sua inesperienza e questo può essere stato un ostacolo nel trasformare buone idee in realtà» osserva invece Charles Kupchan. Lo svantaggio di Renzi? Quello di non aver avuto come i riformisti Clinton o Blair un Ronald Reagan o una Margaret Thatcher a preparare la strada. E se Renzi avrà bisogno della sponda del presidente americano, Obama per le sue politiche europee ha bisogno di avere come interlocutore un "doer", uno che "fa" come Renzi. E se Renzi, chiude Kupchan «non sembra agire attraverso la riflessione e la persuasione come Obama...in comune hanno anche il fatto di essere entrambi giovani».

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