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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2014 alle ore 12:19.
L'ultima modifica è del 26 febbraio 2014 alle ore 16:09.

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Marek Hamšík (Lapresse)Marek Hamšík (Lapresse)

Il mastino e la «carogna». Se fosse una favola di Esopo, dovrebbe esserci il lieto fine o almeno un insegnamento morale. Invece, no. Quella che il pentito Salvatore Russomagno sta raccontando ai pm napoletani è solo una storia d'amore e odio che dà un calcio al romanticismo pallonaro.

«Alcune rapine ai danni di Lavezzi, Hamsik o Cavani sono state consumate dai Mastiffs per punirli», spiega l'ex camorrista passato a collaboratore con la giustizia. Sono vendette dei tifosi arrabbiati coi loro beniamini.

«Bisognava colpire quei calciatori che avevano rifiutato di partecipare a inaugurazioni di club o altri eventi organizzati dai tifosi», prosegue Russomagno. Una rappresaglia che colpiva quanti «rispondevano negativamente alle loro richieste».
Fantasia? Chissà. Certo è che l'elenco delle aggressioni ai campioni azzurri e ai loro familiari è lungo e sospetto. Tanto che la Direzione distrettuale antimafia ha deciso di vederci chiaro aprendo un fascicolo conoscitivo.

Raffica di punizioni. Il centrocampista Marek Hamsik per due volte si è visto sfilare dal polso il Rolex. A sua moglie, Martina, fu piantata una pistola in faccia per rapinarle la Bmw X6 a Varcaturo, nella zona flegrea.
A Valon Behrami, oltre all'orologio (poi fattogli ritrovare dopo l'allenamento), una quindicina di giorni fa hanno rubato pure la Smart presa a noleggio. Lui non ce l'ha fatta e su Twitter è sbottato: «Mi sono rotto».

Due anni fa, all'ex moglie di Edinson Cavani, Maria Soledad, fu scippato un orologio Piaget da 18mila euro. Un anno prima, i malviventi avevano svaligiato la loro casa. A Yanina Sacrepante, fidanzata di Ezequiel Lavezzi, ora al Paris Saint Germain, fu rubato il Rolex in via Petrarca, nella zona più «chic» della città. Nel mirino dei malviventi sono finite anche le mogli dei difensori Salvatore Aronica e Ignacio David Fideleff, e il difensore Federico Fernandez, la cui abitazione è stata di recente visitata dai «topi» di appartamento.
Quanti di questi raid sono su commissione? Russomagno non lo dice, ma spiega che esiste un'unica regia. Un complotto ordito dai Mastiffs.

Tatuaggi e clan. E allora vediamoli un po' più da vicino questi teppisti da stadio. Ne parla un altro pentito. Si chiama Maurizio Prestieri. È stato un boss del narcotraffico internazionale. Uno che a Napoli ha comandato. E tanto. Parla del legame che c'è tra la frangia più violenta della tifoseria e la camorra.
«Il tifo organizzato è sempre espressione della criminalità organizzata e ciò è testimoniato dalla indicazione degli striscioni: lo striscione "Masseria Cardone" è relativo al clan Licciardi, lo striscione "Teste matte" è relativo ad un clan dei Quartieri Spagnoli. I "fedayn" sono stati sempre i più aggressivi e rissosi. Il gruppo "Mastiffs" mi risulta essere affiliato ai Licciardi e detto dato è confermato dal simbolo di questo gruppo, la testa di un cane, simbolo uguale a quello che hanno tatuato quasi tutti i giovani della Masseria Cardone». Non un cane qualunque, ma un mastino.
E la carogna? Torniamo a Russomagno che aggiunge: «I Mastiffs ono spietatissimi, il loro capo è conosciuto come la "carogna", ha lui in mano il potere».

Picchiatori impauriti. Gli inquirenti sanno già chi si nasconde dietro questo soprannome. Un soggetto che spunta ogni tanto nei fascicoli sul clan Misso del rione Sanità. Uno che fa paura agli stessi «mazzieri» da stadio se è vera una intercettazione allegata agli atti di una inchiesta sulla guerriglia da strada scatenata dagli ultrà del Bronx. Il capo del commando che dovrà assaltare le forze dell'ordine rimprovera un suo picchiatore urlandogli al telefono: «Ma fammi capire una cosa, ma tu hai bisogno del consenso della "carogna" quando devi picchiare qualcuno? Devi aspettare quelli della curva per andare a picchiare? Tu stai rispettando troppo questo movimento... Ma vi ho detto di non uscire stasera e di non andare a prendere questi qua? Avete sentito queste parole dalla mia bocca?».

La legge della cosca. Alla fine, ha gioco facile un altro pentito – Emiliano Zapata Misso – a riassumere: «Sulla curva A esiste una vera e propria legge di camorra, tant'è che ricordo a un certo punto mio zio, Giuseppe Missi (uno dei principali boss della camorra napoletana, ndr), impose che il gruppo della Masseria Cardone dovesse uscire dalla curva A per problemi che si erano verificati tra i Misso e i Licciardi. Ed infatti la Masseria Cardone si dovette spostare nei distinti», salvo poi accasarsi in curva B, dopo aver ottenuto l'assenso dei gruppi che già occupavano quel settore. Dove, appena domenica scorsa, è comparso uno striscione in memoria di un giovane camorrista trucidato a pochi passi dal Centro Paradiso. Il tempio dove, un tempo, si esibiva in allenamento il sinistro divino di Diego Armando Maradona.

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